58 Life Cycle Assessment (LCA) researchers from all over Europe have writtenan open letter to express their concerns about industry-funded studies which are being used to influence the Packaging and Packaging Waste Regulation (PPWR):
“We are particularly worried about the lack of the use of a clear, transparent, and scientific methodology in these studies where the environmental impacts of single-use and reusable packaging options are assessed. We stress the importance of transparency of scope and data, as well as of evaluating the choices and influence of selected parameters for the weight of reusable products, their washing logistics and their transport. We emphasise that studies which compare single-use options with static one reuse scenario are misleading. Instead, impact assessments should assess break-even points (i.e. where single-use and reusable packaging systems are considered to have the same impact). As the negotiation on reuse targets and bans on single use in the PPWR continue, we would like to strongly advise that decisions be based on truly independent, transparent research which respects the recommendations set out in our letter.”
E’ appena stato pubblicato un nuovo articolo sulla rivista scientifica Science of the Total Environment, dal titolo “Life Cycle Assessment of a novel functionally integrated e-axle compared with powertrains for electric and conventional passenger cars“. Lo studio ha analizzato gli impatti ambientali di un innovativo assale integrato per veicoli elettrici, sviluppato nell’ambito del progetto Horizon 2020 FITGEN. Lo studio ha:
confrontato l’assale “FITGEN” con altri sistemi di propulsione per autovetture;
mostrato che l’assale “FITGEN” riduce del 10% gli impatti sul cambiamento climatico e del 17% i consumi energetici della migliore tecnologia di assale elettrico disponibile sul mercato nel 2018;
calcolato che l’assale “FITGEN”, rispetto ai sistemi di propulsione a benzina e gasolio, riduce gli impatti in due delle otto categorie di impatto analizzate (cambiamento climatico e uso di risorse fossili);
confermato che le performance ambientali dei sistemi di propulsione sono fortemente dipendenti dalle efficienze dei singoli componenti;
mostrato che la riduzione dell’uso di elettronica e l’integrazione fra i componenti riducono gli impatti ambientali del veicolo;
invitato a maggiori sforzi per migliorare il profilo ambientale dei sistemi di propulsione elettrici, specialmente con riferimento agli impatti relativi alla tossicità, fortemente causati dalla filiera di estrazione dei metalli.
L’enorme crescita dell’utilizzo di bioplastiche, nel settore degli imballaggi ma non solo, risulta essere una specifica peculiarità italiana, derivante da una particolare interpretazione della Direttiva SUP sulle plastiche monouso. Il sistema di gestione dei rifiuti sta tuttavia mostrando una serie di criticità legate a questo “nuovo” materiale, che si ritrova ormai in quasi tutti i flussi raccolti, ed in particolare nell’organico e nelle plastiche.
Questo editoriale inquadra la situazione attuale e suggerisce alcune strategie per affrontare le problematiche individuate. E’ disponibile gratuitamente cliccando qua.
Il progetto FineFuture, finanziato dall’Unione Europea, mira a creare nuove conoscenze scientifiche per consentire lo sviluppo di tecnologie rivoluzionarie per recuperare le frazioni di particelle fini.
La separazione e il recupero delle particelle molto sottili è importante per la valorizzazione di diverse risorse minerali e contribuirà a garantire la produzione di critical raw materials in un’ottica di maggiore sostenibilità.
La tecnologia FineFuture si basa sullo sfruttamento delle caratteristiche chimiche e fisiche delle particelle, consentendo loro di flottare e concentrarsi. Al fine di indagare la sostenibilità ambientale della tecnologia in via di sviluppo è stata condotta un’analisi prospettica del ciclo di vita (pLCA) per due possibili applicazioni industriali del caso applicativo Grecian Magnesite, che è uno dei principali produttori di ossido di magnesio in Europa.
Ciascuna applicazione può essere considerata come uno studio LCA comparativo indipendente che confronta il sistema attuale con il sistema futuro che incorpora la tecnologia FF su scala industriale.
Over the last few decades, there has been a growing understanding of the finite nature of phosphorus supplies and the significance of phosphorus recovery. Municipal wastewater sludge is a phosphorus source worth investigating since modern technology may transfer over 90% of phosphorus from the wastewater to the sludge fraction. Sewage sludge incineration is one of the most prevalent sludge management techniques, with benefits including volume reduction, eradication of pathogenic microbes and hazardous organic compounds, energy recovery, and production of valuable byproducts. On average, sewage sludge ash (SSA) has been reported to contain 11.6% P2O5 (a form and content comparable to P-rock ores). This thesis aims to examine and review existing technologies for recovering phosphorus from SSA, then provide an estimate of each method’s material and energy flows based on data available in the literature and provided by technology demonstrators. Furthermore, the different approaches regarding the Life Cycle Assessment (LCA) of the mentioned technologies and their environmental impacts in current literature are investigated.
È stato pubblicato sulla rivista Resources, Conservation and Recycling, in collaborazione con il Joint Research Centre di Ispra, lo studio riguardante l’analisi dei flussi di massa di plastiche nell’Unione Europea 27 (UE 27).
L’analisi è stata condotta attraverso la “Material Flow Analysis” (MFA), strumento che consente di analizzare i flussi di materia in input/output ai vari step di una filiera sotto esame. L’MFA è stato costruito combinando dati di letteratura e di statistiche ufficiali a livello UE, per un totale di 9 settori e 10 polimeri (per l’anno 2019). I settori esaminati ne includono alcuni comunemente studiati in letteratura (quali ad esempio il settore del packaging e quello dei trasporti) e altri ad oggi meno analizzati (quali ad esempio quello del settore sanitario e del fishing). Per ciascun settore, lo studio ha incluso anche specifici flussi particolarmente rilevanti per la comunità scientifica (quali ad esempio quelli legati alle perdite di plastiche in ambiente marino e terrestre lungo la filiera) e così come dei flussi ad oggi “ignoti” (quali i flussi di plastiche mismanaged – vale a dire per esempio flussi gestiti in maniera illegale).
I risultati delle analisi hanno sottolineato la rilevanza del settore packaging, sia per quanto riguarda la plastica consumata (33% su un totale di 44,7 Mt), sia per quanto riguarda il suo contributo (70%) al totale della plastica inviata a riciclo. Il totale delle plastiche riciclate annue consumate nella produzione di nuovi prodotti plastici ammonta a 4,46 Mt, a fronte di 28,8 Mt di rifiuto generate. Di quest’ultima quantità, ben il 13% è attualmente mismanaged, con particolare rilevanza nel caso del settore dei trasporti o delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Guardando alla filiera nella sua interezza, più di 2 Mt di plastiche vengono perse ogni anno, specialmente durante la fase d’uso.
Al fine di valutare in che modo il totale di plastiche riciclate e consumate per nuovi prodotti possa aumentare nel prossimo futuro, nello studio vengono analizzati un set di scenari semplificati. Questi scenari si ispirano ai target proposti nelle numerose policy europee che sono nate nei recenti anni ed aventi come scopo il settore delle plastiche. I risultati sono stati confrontati con il target UE di 10 Mt di plastica riciclata consumata per nuovi prodotti nell’anno 2025 (avvallato dalla Circular Plastics Alliance). Lo studio dimostra come solo più azioni combinate possono consentire di raggiungere il suddetto target, specialmente qualora miglioramenti nella fase di raccolta dei rifiuti fossero combinati con riduzioni di export e di flussi mismanaged. Solo attraverso strutture di monitoraggio dei flussi e una loro puntuale analisi si possono individuare potenziali non sfruttati nella filiera di importanza strategica in vista degli ambiziosi target UE.
Per la mattina del 28 giugno abbiamo organizzato assieme a Conai l’evento “Economia circolare & packaging. Quali prospettive per i Green Jobs”. L’evento si è tenuto al Politecnico di Milano in aula Rogers ed è stata l’occasione per discutere di strumenti per l’ecodesign e LCA degli imballaggi, ma anche di green skills e di nuove professioni legate alla sostenibilità.
I giorni 28-30 Giugno si è tenuto presso il Politecnico di Milano (Aula Rogers, Edificio 11) il XVII Convegno dell’Associazione Rete Italiana LCA “30 anni di Life Cycle Assessment: sviluppi metodologici e applicativi”. L’evento è stato un momento di riflessione sui traguardi raggiunti in questo settore, tramite le evoluzioni metodologiche sviluppate e le esperienze applicative in grado di garantire una vera e sostanziale rivoluzione verde a livello nazionale ed internazionale.
Sul sito del convegno è possibile vedere quello che è stato il programma completo dei tre giorni, con i nomi di tutte le persone intervenute e i titoli delle varie presentazioni.
Il gruppo di ricerca AWARE ha partecipato con 4 presentazioni:
Il bilancio del convegno è assolutamente positivo, con circa 150 presenze da tutta Italia, ed è stata un’importante occasione di confronto per tutti coloro che si occupano di analisi al ciclo di vita in tutte le sue declinazioni, non solo ambientale ma anche sociale ed economica, mostrando come questa metodologia si possa applicare in moltissimi campi.
Risulta ormai chiaro che al fine di decarbonizzare il settore elettrico sia necessaria la crescita delle installazioni di impianti di produzione di energia rinnovabile; tuttavia, per valutarne la reale sostenibilità ambientale, è significativo analizzare le tecnologie di generazione elettrica da fonti rinnovabili anche in ottica di ciclo di vita. Nello specifico, la letteratura scientifica attualmente disponibile risulta essere ancora carente quando si tratta di analisi del ciclo di vita (LCA) di parchi eolici offshore, con turbine di grande taglia (oltre 15 MW) installate su strutture galleggianti, che rispecchiano i recenti sviluppi del settore e le attuali tendenze di mercato.
È stato recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Sustainable Production and Consumption (Volume 39) l’articolo peer-review che riporta i dettagli dello studio LCA svolto per valutare i potenziali impatti ambientali associati all’intero ciclo di vita di un impianto eolico offshore galleggiante, la cui realizzazione al largo della Sicilia è attualmente in fase di autorizzazione. La pubblicazione è disponibile al seguente link.
Rimane, inoltre, accessibile la pubblicazione in italiano su Ingegneria dell’Ambiente (Volume 9, numero 3, anno 2022): scaricabile gratuitamente qui.
Nell’analisi sono state incluse le fasi di approvvigionamento dei materiali, trasporto dei componenti, assemblaggio e installazione con imbarcazioni specializzate, manutenzione durante la fase operativa, smontaggio e fine vita. Inoltre, l’analisi non è stata limitata alla turbina eolica decontestualizzata, ma sono stati inclusi anche gli altri componenti necessari alla realizzazione di un parco eolico in mare, con particolare attenzione per il sistema elettrico necessario per la trasmissione dell’energia prodotta, al fine di valutare quanto la complessità del sistema da implementare per installazioni lontane dalla costa, contribuisca ad aumentare gli impatti complessivi dell’impianto.
Confini del sistema analizzato: ciclo di vita di un impianto eolico offshore
Dai risultati si evince che gli impatti ambientali del parco eolico offshore con turbine galleggianti sono principalmente associati al ciclo di vita della turbina eolica e della struttura galleggiante, e in particolare alla produzione di acciaio, di cui sono richieste grandi quantità per la realizzazione di entrambi gli elementi. Le altre fasi del ciclo di vita, invece, hanno contributi nettamente più ridotti rispetto alla fase di approvvigionamento.
Dal confronto dei risultati per 1 GWh di energia prodotta dal parco eolico con la medesima quantità di energia prelevata dalla rete elettrica nazionale, considerando quindi il mix energetico costituito sia da fonti fossili che da rinnovabili, gli impatti complessivi dell’eolico risultano significativamente ridotti per quasi la totalità delle categorie di impatto analizzate: rispetto alla categoria “cambiamento climatico” il beneficio è pari ad una riduzione degli impatti del 92%, mentre si osserva un peggioramento solo per la categoria “esaurimento delle risorse abiotiche” (+95%). Inoltre, i risultati degli indici di payback dimostrano che gli investimenti in termini di emissioni di gas a effetto serra ed energia verrebbero ripagati velocemente dall’evitata generazione di energia da fonti fossili, rispettivamente in 2 e 3 anni. Complessivamente, i risultati dell’analisi forniscono un’indicazione di massima, utile a prendere consapevolezza sui carichi ambientali di un sistema di generazione di elettricità da fonte rinnovabile e confrontarlo con altre fonti energetiche; tuttavia, deve essere tenuto in considerazione il fatto che, attualmente, si tratta una stima preliminare basata sulle scelte progettuali presentate per la fase di scoping della Valutazione di Impatto Ambientale.
In questo nuovo articolo di discussione pubblicato sulla rivista internazionale Waste Management e preparato da Ciprian Cimpan (University of Southern Denmark), Eleni Iacovidou (Brunel University London), Lucia Rigamonti e Eggo U. Thoden van Velzen (Wageningen University & Research) si ricorda che circolarità non è necessariamente sinonimo di sostenibilità.
La circolarità è diventato un concetto consolidato nel dibattito pubblico ma rimane ancora una nozione ampia che necessita di una definizione precisa, che vada oltre l’uso di metriche e indicatori quali i tassi di raccolta e i tassi di riciclo. La circolarità misurata con tali indicatori non riesce a catturare la complessità del sistema e gli effetti più ampi, compresi i cosiddetti “rebound effects” che possono annullare o addirittura ribaltare i benefici ambientali.
Nell’articolo viene proposto un nuovo approccio per misurare la circolarità ossia una scorecard di circolarità incentrata sul prodotto che coglie gli aspetti che possono dimostrare la sostenibilità ambientale di un prodotto. Si basa su 7 semplici domande che coprono il ciclo di vita di un prodotto: produzione, utilizzo e fine vita. Questo approccio di “buon senso” ricorda la gerarchia dei rifiuti con un semplice ordine di priorità che vale nella maggior parte dei casi.
In conclusione, gli autori ricordano che è di fondamentale importanza non perdere di vista gli effettivi obiettivi dell’economia circolare. In un momento in cui la Direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti d’imballaggio è in fase di revisione e in cui la comunità imprenditoriale si sta impegnando a raggiungere obiettivi ambiziosi per aumentare la circolarità dei propri prodotti, è fondamentale una circolarità che promuova la sostenibilità.