Al via il progetto DESARC-MARESANUS – Contrastare l’acidificazione dei mari rimuovendo carbonio dall’atmosfera

Il progetto di ricerca “DESARC-MARESANUS” affronta due problemi ambientali di grandissima rilevanza: l’aumento delle concentrazioni di biossido di carbonio (CO2) in atmosfera e la conseguente acidificazione degli oceani.

È ormai evidente e riconosciuto dalla comunità scientifica che le attività umane, in particolare l’uso di combustibili fossili e la deforestazione, hanno comportato un aumento dei livelli di CO2 in atmosfera di entità e velocità senza paragoni rispetto agli ultimi due milioni di anni. Il conseguente surriscaldamento globale sta già provocando conseguenze sulle attività umane e sugli ecosistemi, come riconosciuto anche dall’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Parallelamente agli impatti causati direttamente e indirettamente dall’aumento delle temperature, la diffusione negli oceani della CO2 atmosferica in eccesso sta comportando un aumento dell’acidità delle acque dei mari, con rischi già elevati per gli ecosistemi marini, in particolare le barriere coralline.

Per limitare il riscaldamento globale “ben al di sotto dei 2°C”, come stabilito nell’ambito dell’Accordo di Parigi, non è più sufficiente la drastica riduzione delle emissioni di gas climalteranti, ma diventa necessario rimuovere CO2 dall’atmosfera in quantità tanto più ingenti quanto più si ritarda nella riduzione delle emissioni.

Il progetto “DESARC-MARESANUS” è proprio finalizzato a studiare un processo per rimuovere CO2 dall’atmosfera e contemporaneamente contrastare l’acidificazione degli oceani. Questo processo, già oggetto di attività di ricerca al Politecnico di Milano recentemente pubblicata sulla rivista “Mitigation and Adaptation Strategies for Global Change”, utilizza le biomasse per produrre calce con cui diminuire l’acidità del mare, generando sottoprodotti energetici decarbonizzati come l’idrogeno. L’attività di ricerca del progetto DESARC-MARESANUS è finalizzata a studiare più in dettaglio la fattibilità tecnica ed economica del processo, nonché i benefici per il comparto marino, con un focus sul Mediterraneo.

A tale scopo la ricerca prevede il coinvolgimento della Fondazione Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), una delle principali strutture di ricerca scientifica sul cambiamento climatico a livello europeo. In particolare, la Divisione ODA (Ocean Modeling and Data Assimilation) del CMCC studierà il potenziale contributo del processo nella riduzione del trend di acidificazione del mare Mediterraneo, assorbendo nel contempo CO2 dall’atmosfera, valutando diverse strategie operative. Alla ricerca collabora inoltre CO2APPS, una start-up innovativa che ha ideato il processo.

Amundi, il più grande asset manager in Europa per patrimonio gestito e tra i primi dieci a livello globale, offre il proprio contributo economico ai due partner scientifici del progetto DESARC-MARESANUS, coerentemente con il proprio impegno nell’investimento responsabile, dimostrato da un’esperienza decennale e da masse gestite secondo i principi ESG pari a 276 miliardi di euro. Amundi è in prima linea nel contrasto al cambiamento climatico e nell’affrontare altre sfide cruciali a livello globale quali le ineguaglianze sociali. Tra le iniziative emblematiche intraprese in questo settore va citata la partecipazione in qualità di cofondatore alla Portfolio Decarbonization Coalition (PDC), istituita nel 2014 e l’adesione ai Principi per l’Investimento Responsabile nel 2006. Lo scorso ottobre Amundi ha presentato un piano d’azione triennale nell’investimento responsabile destinato a implementare in modo integrale i principi ESG e, fra le altre cose, ad aumentare gli investimenti in progetti a impatto ambientale e sociale, quali ad esempio DESARC-MARESANUS.

Secondo il Prof. Stefano Caserini, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici presso il Politecnico di Milano e Project Leader della ricerca: “DESARC-MARESANUS è una ricerca di grande importanza per avviare quel grande sforzo, anche tecnologico, necessario per rimanere all’interno degli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi e per perseguire scenari ambiziosi di contenimento del surriscaldamento globale”.

Il Prof. Mario Grosso, responsabile scientifico della ricerca per il Politecnico di Milano, aggiunge: “la ricerca riguarda uno dei temi di frontiera della lotta al cambiamento climatico: si intende alzare l’asticella dell’ambizione e studiare una tecnologia che permetta di conseguire emissioni negative, ovvero rimozione di CO2 dall’atmosfera. Qualcosa di sicuramente pionieristico, ma imprescindibile per cercare di stabilizzare il sistema climatico”.

La Dott.ssa Simona Masina, responsabile dell’unità di modellistica oceanica della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, afferma: “il progetto DESARC-MARESANUS ci permetterà di stimare per la prima volta la risposta del Mar Mediterraneo al processo di alcalinizzazione come possibile strumento di riduzione dell’acidificazione del mare e contemporaneamente di rimozione di CO2 dall’atmosfera”.

Paolo Proli, Head of Retail Distribution di Amundi SGR, conclude: “Amundi è stata pioniera nei diversi fronti dell’investimento responsabile e si è fatta portavoce del climate change e di come ciò sia rilevante nella gestione degli investimenti, contribuendo a costruire una consapevolezza che oggi è sempre più diffusa. Il contributo economico al progetto di ricerca DESARC-MARESANUS risponde alla nostra vocazione di asset manager consapevole della propria responsabilità nei confronti della società e convinto che ciò possa tradursi in performance finanziarie nel lungo periodo”.

Cattura e utilizzo della CO2

In data 23-24 gennaio 2019 si è tenuto a Gouda (Paesi Bassi) il meeting semestrale del progetto europeo Horizon 2020 FReSMe (grant number 727504).

Il progetto europeo FReSMe tratta uno dei temi che negli ultimi anni sta suscitando un forte interesse, ossia quello della cattura e utilizzo della CO2 (Carbon Capture and Utilization) applicato alle emissioni generate dal settore industriale. Il processo sviluppato prevede l’integrazione di più tecnologie dedicate alla cattura delle emissioni di CO2 derivanti dai processi di lavorazione delle acciaierie, nonché recupero di idrogeno allo scopo di produrre metanolo, utilizzabile come combustibile nel trasporto via mare.

Gli 11 partners del progetto, di cui fa parte anche il gruppo AWARE con Lucia Rigamonti ed Elisabetta Brivio partecipanti attive, si sono incontrati a Gouda (sede di Array Industries, uno dei partner del progetto) per fare il punto della situazione.

Per maggiori informazioni sul progetto è possibile consultare il sito dedicato oppure leggere il seguente articolo.

Uno studio di fattibilità per il dumpsite di Ngong (Kenya)

Uno studio di fattibilità per la chiusura di un dumpsite (discarica non controllata) nella città di Ngong, e per l’apertura di un impianto di trattamento e recupero dei rifiuti indifferenziati.
Il gruppo AWARE arriva in Kenya nel quadro di una collaborazione che vede il Politecnico di Milano, con tre Dipartimenti coinvolti (DICA, ABC e Energia), coordinare un consorzio che include come partner locali la Technical University of Kenya (TUK) e l’azienda di consulenze LDK Africa Ltd. L’incarico arriva da UN-Habitat, agenzia delle Nazioni Unite che dal 1978 si occupa di vivibilità e miglioramento degli insediamenti umani.

Con una popolazione superiore a 150’000 abitanti, Ngong nasce come suburbio di Nairobi, prima di acquisire dignità come città appartenente alla Kajiado County, la contea limitrofa alla capitale. I rifiuti prodotti dagli abitanti di Ngong vengono conferiti dalla fine degli anni Novanta in una cava in disuso prossima alla strada principale che attraversa la città, che ad oggi ha assunto la forma di un grosso cumulo di spazzatura, esteso su una superficie poco inferiore ai due ettari e alto in alcuni punti fino a sette metri. In prossimità della discarica è sorto l’insediamento informale (slum) di Mathare, vicinissime si trovano una chiesa e una scuola, e il corso d’acqua che attraversava l’area è ora parzialmente sepolto dai rifiuti e ridotto ad un rigagnolo. Questa situazione incontrollata è causa di diversi problemi, da un punto di vista ambientale e sanitario, tanto da richiedere un intervento deciso.

Dumpsite  of Ngong (Kenya)
Il dumpsite di Ngong

Si è posto quindi il problema non solo di chiudere la discarica e spostarla in un sito identificato dal Governo, ma di individuare anche una tecnologia adatta per trattare i rifiuti, tenendo in considerazione la loro composizione  (oltre al contenuto prevalentemente organico, vi si trovano anche frazioni riciclabili come plastica, metalli e carta) e soprattutto i vincoli sociali dati dal contesto locale.

Diversi attori infatti partecipano alla raccolta e al conferimento dei rifiuti: il County Council, che organizza la raccolta dai contenitori dislocati per la città e lo spazzamento stradale; un consorzio di piccole imprese (PSPs o Private Service Providers) che portano avanti la raccolta dei rifiuti domestici, strutturata in maniera simile ad un porta a porta; e infine il NURU Youth Group, l’associazione (CBO) dei raccoglitori di rifiuti, che tutti i giorni popolano la discarica per separare e vendere materiali e oggetti di valore. I raccoglitori di rifiuti, conosciuti nei paesi anglofoni come waste pickers o (più volgarmente) scavengers, sono figure assai presenti nei contesti a basso reddito, una caratteristica manifestazione dell’economica informale, e spesso non viene riconosciuto loro il ruolo ricoperto nel recupero e riciclo dei materiali. Tra gli obiettivi di questo progetto c’è anche quello di realizzare un intervento che non leda quella che è fonte di sostentamento per oltre centocinquanta persone.

Assemblea di NURU Youth Group all'interno del dumpsite di Ngong
Assemblea di NURU Youth Group all’interno del dumpsite di Ngong

Ad inizio febbraio, Mario Grosso e Francesca Villa sono andati in missione a Nairobi per un workshop organizzato da UN-Habitat, con la partecipazione di tutti i partner coinvolti, delle istituzioni locali, dell’associazione delle PSPs e di Nuru Youth Group. La missione di Francesca si è poi protratta per portare avanti interviste e approfondimenti della situazione locale. Il prossimo appuntamento del progetto sarà a maggio.

Workshop a Ngong, Kenya (2 febbraio 2018)

Valutazione con metodologia LCA (Life Cycle Assessment) dei flussi e del destino dei rifiuti da costruzione e demolizione

Regione Lombardia ha commissionato uno studio ad AWARE al fine di valutare i flussi e la gestione dei rifiuti da Costruzione e Demolizione (C&D). Lo studio è stato condotto applicando la metodologia LCA (Life Cycle Assessment) con l’obiettivo di conoscere le prestazioni ambientali del sistema e individuarne le eventuali criticità e le indicazioni di miglioramento. I risultati dallo studio saranno poi utilizzati per indirizzare le azioni della pianificazione regionale.

Maggiori informazioni e lo studio completo sono disponibili qua.

Valutare i benefici agronomici del compost in un’ottica LCA

E’ stato presentato il 9 Ottobre a Milano nell’ambito del workshop
“Il settore del biowaste: caratteristiche e opportunità per plastiche e bioplastiche compostabili”
lo studio svolto da AWARE per conto di CIC e Corepla finalizzato a valutare i benefici agronomici del compost e a modellizzarli in ambito LCA.

Scarica la presentazione di Mario Grosso

Convegno sulla prevenzione dello spreco alimentare: resoconto e presentazioni

Nel corso del seminario, tenutosi il 6 Giugno presso il Politecnico di Milano nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile, sono stati innanzitutto descritti i principali obiettivi e le attività del progetto “REDUCE”, sostenuto dal Ministero dell’Ambiente per contribuire alla prevenzione e riduzione degli sprechi alimentari a livello nazionale.
Il seminario si è poi focalizzato sulla presentazione delle attività di ricerca di “REDUCE” specificamente coordinate dal gruppo AWARE (Assessment on WAste and REsources) del Dipartimento di Ingegneria Ambientale e Civile del Politecnico di Milano.
Un primo intervento, tenuto da Camilla Tua, ha descritto una metodologia di indagine formulata per la quantificazione dello spreco alimentare presso gli impianti di trattamento del rifiuto urbano. In dettaglio, sono stati esposti i criteri di scelta degli impianti, le procedure adottate, le definizioni di riferimento e i risultati preliminari delle campagne di analisi. In accordo con i primi dati acquisiti per il Nord Italia, ogni cittadino genererebbe nel rifiuto urbano circa 100 kg/anno di scarto alimentare, di cui quasi 30 kg/anno di tipologia evitabile con predominanza di prodotti ortofrutticoli e di panetteria.
Il secondo intervento di Simone Nessi si è focalizzato, invece, sulla valutazione preliminare degli impatti ambientali associati allo spreco alimentare presente nel rifiuto urbano. La valutazione è condotta secondo la metodologia consolidata di Life Cycle Assessment, che permette di includere nella quantificazione le emissioni e i consumi di materia e di energia associati all’intero ciclo di vita dei prodotti alimentari.

Al termine del seminario sul progetto REDUCE, è stato organizzato un aperitivo “a spreco zero”, con stuzzichini finger food e valorizzazione di “prodotti alimentari di scarto” quali composta di buccia di melone e chips di bucce di patata.

Nel corso dell’evento è stata anche presentata l’installazione multimediale “Boll, Io e Loro” dell’artista Paolo Scoppola. L’artista realizzerà a breve un’opera specificatamente dedicata al tema dello spreco alimentare come attività di sensibilizzazione all’interno del progetto REDUCE. L’opera dovrebbe essere installata presso FICO Eataly World, un parco tematico in fase di realizzazione che si propone di diventare la struttura di riferimento per la divulgazione e la conoscenza dell’agroalimentare.

Sono disponibili le presentazioni:

Grosso – Introduzione

Falasconi REDUCE

Tua – analisi dello spreco alimentare nel rifiuto urbano

Nessi Impatti spreco

 

Con FUNASA per migliorare la gestione dei rifiuti in Brasile

AWARE ha partecipato a un incontro con i tecnici della Funasa (Fundação Nacional de Saúde) a Brasilia, per avviare un rapporto di cooperazione con il DICA del Politecnico, anche sul tema della gestione dei rifiuti.

Funasa è un’agenzia governativa che si occupa di tematiche di risanamento e tutela della salute per le sole città di dimensione inferiore ai 50.000 abitanti. Queste sono circa 5.000, per un totale di 65 milioni di abitanti.

In Brasile la quasi totalità dei rifiuti urbani raccolti (che non coincidono con quelli effettivamente prodotti!) viene smaltita in discarica. Delle discariche censite recentemente da Funasa, solo il 20% sono risultate in condizioni adeguate. C’è dunque molto lavoro da fare, sui temi della prevenzione, del riutilizzo, della raccolta dell’organico e del risanamento delle discariche esistenti.

Emissioni negative di CO2 grazie ad una innovativa tecnologia di stoccaggio sottomarino

Lo studio ha previsto la valutazione ambientale, mediante l’analisi del ciclo di vita (LCA), di un’innovativa modalità di stoccaggio sottomarino dell’anidride carbonica.

Il sistema è costituito innanzitutto da una fornace per la produzione dei contenitori in materiale vetroso, o “capsule”. Ciascuna capsula, riempita con CO2 liquida ad alta pressione, è inserita in una tubazione tramite cui è rilasciata sul fondo del mare a un’opportuna profondità. L’analisi del ciclo di vita ha evidenziato, in condizioni medie, un impatto potenziale dell’intero processo pari al 10% della CO2 effettivamente stoccata, con una variabilità compresa tra il 6 e il 19%, in funzione delle differenti condizioni al contorno.

Si tratta quindi di una tecnologia idonea allo stoccaggio di rilevanti quantitativi di CO2 a livello mondiale, sia proveniente da processi produttivi che, eventualmente, da cattura diretta dall’aria. In quest’ultimo caso, o nel caso di applicazione a processi di produzione di energia da biomasse, consente addirittura il conseguimento di emissioni negative, in linea con gli ambiziosi impegni di riduzione assunti con l’Accordo di Parigi del 2015.

La ricerca è stata commissionata dalla società CO2APPS, sviluppatrice della tecnologia. Maggiori informazioni sono disponibili sull’articolo pubblicato sull’International Journal of Greenhouse Gas Control

Food waste: let’s put our hands in!

“We had masks most of time, really!”

 

 

 

 

 

Rilanciamo un post sulle attività di AWARE svolte nell’ambito del progetto REDUCE.

Circa il 15-20% in peso del rifiuto residuo contiene scarti di cibo, e quasi un terzo di questo è evitabile. Nel rifiuto organico differenziato siamo invece al 25% di cibo evitabile. Proiettando questi valori a livello nazionale, si può stimare in Italia un quantitativo di rifiuto di cibo evitabile dell’ordine di un milione e mezzo di tonnellate all’anno!

Il post completo in inglese è disponibile al seguente link

Incenerimento di rifiuti: abbattimento dei gas acidi ad alta temperatura

Negli ultimi anni, molti impianti di incenerimento in Italia hanno osservato un incremento della concentrazione di gas acidi nei fumi grezzi in uscita dalla caldaia. Ciò è probabilmente dovuto al progressivo diminuire della quantità di rifiuti urbani trattati, sostituiti parzialmente da rifiuti speciali. Questi ultimi sono caratterizzati da una composizione chimica più variabile, con possibile incremento del carico al forno dei composti alogenati (cloro e fluoro) e dello zolfo.

Lo studio, finanziato da Unicalce, ha testato l’utilizzo di un nuovo sorbente dolomitico da iniettarsi direttamente in caldaia ad alta temperatura. Tale sorbente ha il compito di effettuare un primo abbattimento dei gas acidi direttamente in caldaia, riducendo così il carico di inquinanti che arriva al successivo stadio di neutralizzazione a bassa temperatura condotto in linea fumi mediante l’addizione di calce o bicarbonato di sodio. I test sono stati effettuati in quattro impianti di incenerimento situati in nord Italia, in condizioni di operatività standard. Per iniezioni del sorbente pari a circa 6 kg per tonnellata di rifiuto, è stato osservato un abbattimento della concentrazione di gas acidi a valle della caldaia pari al 7-37% (media 23%) per l’HCl, al 34-95% (media 71%) per l’SO2 e al 39-80% (media 63%) per l’HF. Ciò ha permesso di ridurre il dosaggio di bicarbonato di sodio in linea fumi di circa il 30%. E’ stata inoltre osservata una migliore pulizia della caldaia, suggerendo che il sorbente sia in grado di ridurre i fenomeni di sporcamento e incrementare, così, il recupero energetico.

Le prestazioni ambientali del sorbente sono state, inoltre, valutate mediante la metodologia dell’Analisi del Ciclo di Vita, comparando il tradizionale operato degli impianti di incenerimento, che prevede la rimozione dei gas acidi mediante l’utilizzo di bicarbonato di sodio a bassa temperatura, con il nuovo scenario in cui il bicarbonato di sodio è ancora utilizzato ma in quantità minori grazie all’iniezione del nuovo sorbente dolomitico in caldaia. L’analisi ha incluso la produzione dei due reagenti, il trattamento dei residui solidi prodotti dalla neutralizzazione dei gas acidi e l’emissione aggiuntiva di CO2 al camino dovuta all’attivazione del bicarbonato. I risultati, riportati in figura 1, non mostrano particolari differenze tra i due scenari analizzati in termini di impatti ambientali. Se, invece, si include nell’analisi il ruolo che il nuovo sorbente dolomitico può avere nell’incrementare il recupero energetico, a seguito della migliore pulizia della caldaia, gli impatti dello scenario innovativo diminuiscono sensibilmente rispetto allo scenario di operatività tradizionale.Figura 1: variazione percentuale tra lo scenario base e quello in cui si utilizza il sorbente dolomitico ad alta temperatura (valori positivi indicano che gli impatti dello scenario in cui si usa il sorbente dolomitico ad alta temperatura sono maggiori di quello dello scenario base; vice versa per valori negativi).

Per maggiori dettagli, si rimanda alle seguenti pubblicazioni:

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0956053X14005030

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0956053X14005054