CO2, calce e oceani: cause, effetti e possibili soluzioni ai cambiamenti climatici

La calce è un prodotto versatile dalle numerose applicazioni in vari settori industriali. Tuttavia la sua produzione genera emissioni di CO2 non solo a causa dell’eventuale utilizzo di combustibili fossili, ma anche e soprattutto per l’essenza del processo stesso, che richiede la decarbonatazione del carbonato di calcio di cui sono composte le rocce calcaree.

Le emissioni di CO2 di origine fossile e degli altri gas serra contribuiscono all’aumento delle concentrazioni atmosferiche di questi gas che intrappolando energia causano l’incremento delle temperature globali. Questo incremento sarebbe maggiore se non ci fossero gli oceani che assorbono circa un quarto delle emissioni e immagazzinano circa il 90% dell’energia in eccesso dovuto all’aumento delle concentrazioni atmosferiche dei gas serra.

Questo “favore” che otteniamo dagli oceani ha però degli effetti collaterali, tra i quali un inevitabile aumento delle temperature oceaniche (di circa 0,88°C rispetto al 1850) e un’eccezionale acidificazione, ovvero la riduzione del pH, rispetto agli ultimi 2 milioni di anni. Una delle conseguenze più note è il fenomeno dello sbiancamento dei coralli, la cui struttura è composta prevalentemente da carbonato di calcio, che ne mette a rischio la sopravvivenza. Gli impatti del riscaldamento e della acidificazione degli oceani sugli ecosistemi marini sono ingenti e conseguentemente anche sulla popolazione la cui economia e sussistenza dipendono dall’oceano. Questi impatti sono destinati ad aumentare se non si interviene.

Gli scenari climatici globali mostrano come sia necessaria un’immediata e drastica riduzione delle emissioni globali di gas serra, fino ad azzerarle al 2050 per traguardare un mondo dove l’aumento delle temperature sia contenuto al di sotto dei 2°C. In aggiunta a questa rapida e forte riduzione delle emissioni, gli stessi scenari indicano che l’assorbimento di CO2 dall’atmosfera tramite dei processi come l’attività fotosintetica svolta dalle piante sono essenziali per raggiungere questi obiettivi di stabilizzazione della temperatura.

Dato che la superficie terrestre è limitata e destinata anche ad altre attività come la produzione di cibo, altri processi di rimozione di CO2 dall’atmosfera sono da investigare, inclusi quelli che coinvolgono gli oceani. Tra questi processi oceanici di rimozione di CO2 c’è l’aumento di alcalinità tramite la dissoluzione nell’acqua di mare, in condizioni controllate, di materiali basici quali la calce. Questo processo avrebbe come ulteriore beneficio sulla scala locale il contrasto all’acidificazione dell’oceano.

La rimozione di CO2 atmosferica tramite la dissoluzione di materiali alcalini in acqua di mare accadrebbe naturalmente, ma sulla scala di centinaia di migliaia di anni e ristabilirebbe un nuovo equilibrio del ciclo di carbonio tra atmosfera, oceano e terre emerse, ora pesantemente sbilanciato dalle emissioni antropogeniche. Il processo naturale in questione è il dilavamento delle rocce ad opera delle acque meteoriche ricche di CO2 disciolta dall’atmosfera, che quindi viene convogliata verso gli oceani e lì immagazzinata nella forma stabile di ioni bicarbonato.

Nell’ambito del progetto di ricerca Desarc-Maresanus, il gruppo di ricerca AWARE al Politecnico di Milano sta studiando da anni vari aspetti del processo di aumento dell’alcalinità dell’oceano, con particolare riferimento all’analisi dei potenziali impatti ambientali tramite la metodologia LCA. In questo modo la calce, se prodotta ad emissioni zero, passerebbe dall’essere una delle cause degli impatti che subisce l’oceano ad un elemento che può contribuire alla mitigazione del problema.

Rifiuti tessili: facciamo il punto

Selezione manuale dei rifiuti tessili (immagine da https://unsplash.com)

Negli ultimi mesi sono stati vari gli sviluppi in materia di gestione dei rifiuti tessili. Il 2 febbraio il Ministero dell’Ambiente ha diffuso un comunicato stampa in cui si dichiara che per la filiera del tessile è in arrivo un provvedimento per istituire la responsabilità estesa del produttore. Sul testo è stata avviata una consultazione degli stakeholder principali, che terminerà il 3 marzo. Tutti i sistemi di gestione riconosciuti dal Ministero andranno a costituire il CORIT (Centro di Coordinamento per il Riciclo dei Tessili), al fine di garantire il necessario coordinamento dell’attività di raccolta differenziata.

La raccolta separata della frazione tessile è obbligatoria per i paesi dell’UE entro il 2025, ma in Italia quest’obbligo, rivolto ai comuni, è stato anticipato al 1° gennaio 2022 dal DL 116/2020. Attualmente, nel nostro paese sono attivi quattro consorzi: RETEXT.GREEN (fondato da Sistema Moda Italia e Fondazione del Tessile Italiano), ECOTESSILI (fondato da Federdistribuzione), COBAT TESSILE (parte di COBAT, piattaforma multi-consortile controllata da Innovatec) e RE.CREA (coordinato da Camera nazionale della moda Italiana e fondato da diversi noti brand di moda italiani). Tra gli attori interessati si può aggiungere anche UNIRAU (Unione Imprese Raccolta Riuso e Riciclo Abbigliamento Usato).

Recentemente, il Ministero ha anche risposto ad un interpello di Confindustria sul deposito preliminare dei rifiuti tessili nei punti vendita, chiarendo che potrà essere svolto dai soggetti che chiederanno il riconoscimento del proprio sistema solamente dopo che il decreto sulla EPR per il tessile sarà operativo.

L’approccio al settore tessile del consorzio francese Refashion. La Francia è l’unico paese europeo che ad oggi è dotato di uno schema EPR strutturato per il settore tessile (immagine da https://refashion.fr)

Il 9 febbraio scorso abbiamo seguito il Textile Innovation Day organizzato da Sistema Moda Italia. Nei vari interventi sono emerse diverse possibilità di upcycling e downcycling, mentre per quanto riguarda la gestione del rifiuto, la fase di selezione riveste un ruolo fondamentale: i capi riutilizzabili vengono separati dal flusso principale, elementi come zip e bottoni vengono rimossi e i capi vengono suddivisi a seconda del colore e/o del tipo di fibra. Gran parte dei processi di selezione avviene manualmente ma non mancano le novità sul piano della selezione automatica, con macchine che operano tramite spettrometria o intelligenza artificiale. Tra le tecnologie di riciclo, le più consolidate sono il riciclo meccanico e quello termo-meccanico. Il riciclo chimico è in fase di sviluppo mentre quello biologico, in cui si sfrutta l’azione di enzimi, è in fase di studio. Per una panoramica di dettaglio sulle tecnologie di riciclo del tessile consigliamo la lettura del rapporto della Commissione Europea Study on the technical, regulatory, economic and environmental effectiveness of textile fibres recycling, pubblicato nel novembre 2021.

Per stimare quale siano i potenziali impatti ambientali del sistema di gestione dei rifiuti, è importante tenere conto di valutazioni LCA. Nella letteratura scientifica, la maggior parte degli studi LCA sui rifiuti tessili riporta il riutilizzo come il metodo da privilegiare. Suggeriamo, a questo proposito, la review di Sandin e Peters del 2018 in cui sono stati analizzati 41 studi LCA sull’argomento. Tra le variabili principali che influenzano i risultati delle analisi sul ciclo di vita della gestione dei rifiuti tessili troviamo il rendimento dei processi di riciclo, la modellizzazione della fase d’uso (numero di lavaggi e riutilizzi), la composizione dei rifiuti in ingresso e il coefficiente di sostituzione tra fibre riciclate e fibre vergini o tra un abito usato e uno nuovo. Le sfide principali sono la capacità di gestire un mix di diversi materiali e il mantenimento della qualità delle fibre riciclate. Nella stima dei potenziali impatti ambientali sul ciclo di vita occorrerà raccogliere un maggior numero di dati sulla fase d’uso, stimando il rilascio di microplastiche e altre sostanze nei cicli di lavaggio, ed integrare nelle analisi anche l’influenza delle piattaforme di scambio per l’abbigliamento di seconda mano, che si stanno diffondendo negli ultimi anni.

Proprio per affrontare il tema dei potenziali impatti ambientali della filiera tessile e del sistema di gestione di questa frazione di rifiuti è in corso un dottorato di ricerca di AWARE in collaborazione con Regione Lombardia.

Raccolta selettiva delle bottiglie in PET: spunti di riflessione a valle del Convegno di ANCI e CONAI

Roma, 14 febbraio 2023

AWARE ha partecipato al Convegno “Gestione dei rifiuti, economia circolare e PNRR: le nuove sfide e l’impatto per i Comuni” promosso da Associazione Italiana dei Comuni Italiani (ANCI) e CONAI – Consorzio Nazionale Imballaggi, la cui registrazione è disponibile qui.

I relatori del secondo panel, da sinistra: Fabio Costarella (CONAI), Mario Grosso (DICA, Politecnico di Milano), Alberto Bellini (DEI, Università di Bologna), Edoardo Croci (GREEN, Università Bocconi di Milano)

Nel secondo panel intitolato “Presentazione studio inerente a innovazione, qualità ed efficienza nella gestione dei rifiuti – modelli di analisi ed esperienze europee” il Professor @mario ha illustrato i risultati dello studio svolto con la Professoressa @lucia e l’Ingegner @gaia-brussa.

Modalità innovative di raccolta differenziata, raccolte selettive e sistemi a cauzione: l’intervento del gruppo AWARE

Nello studio, attraverso la Material Flow Analysis sono stati analizzati diversi scenari in cui la raccolta differenziata della plastica da imballaggio è stata integrata da modalità innovative come la raccolta selettiva tramite ecocompattatori o il sistema con deposito cauzionale (DRS dall’inglese Deposit-Return System). Dopo aver ricostruito i diversi scenari a livello quantitativo, gli stessi sono stati confrontati attraverso alcuni indicatori come: il tasso di raccolta, il tasso di avvio a riciclo e il tasso di raccolta separata delle bottiglie in PET.

Infatti, il focus dei modelli di raccolta analizzati è stato sui contenitori per bevande (CPL) in PET, di cui vengono immesse sul mercato in Italia circa 13 miliardi di unità all’anno. Inoltre, negli ultimi tempi le bottiglie in PET sono state al centro di diverse discussioni in quanto oggetto sia della direttiva europea Single-Use Plastic Products (SUP) che della più recente bozza di regolamento europeo sui rifiuti da imballaggio . La prima, infatti, ha stabilito gli obiettivi di raccolta separata e di contenuto minimo di materiale riciclato proprio delle bottiglie di plastica; il regolamento, invece, potrebbe prevedere l’obbligatorietà dell’implementazione del DRS per i contenitori monouso per bevande, sia in plastica che in metallo, per cui non sia stato già raggiunto un tasso di raccolta pari al 90% entro il 2027.

In sintesi, il sistema DRS prevede che al prezzo dell’imballaggio venga associato un deposito cauzionale che viene pagato al momento dell’acquisto e che viene restituito nel momento in cui l’imballaggio post-consumo viene consegnato a degli appositi punti di raccolta (automatizzati o meno). Chiaramente, questo tipo di sistema non ha impatti solo sulle abitudini del consumatore, che di fatto perderà la cauzione non riportandp la bottiglia o la lattina, ma anche sugli altri attori della filiera di produzione, raccolta e riciclo degli imballaggi inclusi nel DRS. L’alternativa al DRS, qui chiamata “raccolta selettiva”, non prevede che il meccanismo di incentivazione sia strettamente monetario, ma sfrutta altri sistemi di premialità, come sconti e raccolte punti, per favorire il conferimento di alcuni specifici packaging separatamente dalla raccolta differenziata tradizionale.

Schema di un sistema con deposito cauzionale; modello basato su un operatore centrale

La possibile introduzione del DRS in Italia ha fatto decisamente discutere: da alcuni la proposta è stata accolta con entusiasmo nella speranza di veder diminuire il numero di bottiglie vuote abbandonate per strada o in ambiente; d’altra parte ci si chiede se imporre uno specifico modello di raccolta non sia una forzatura che rischia di tradursi nella perturbazione di un sistema già assodato e performante, che in Italia si basa sulla stretta collaborazione tra comuni e consorzi di filiera.

Dal punto di vista tecnico, promuovere dei modelli di raccolta mirata delle bottiglie per liquidi alimentari ha il vantaggio di creare un flusso separato di imballaggi post consumo che, essendo ad uso alimentare, possono essere avviati a processi di riciclo closed-loop, ossia che permettono di produrre materiali riciclati nuovamente adatti al food-contact e che quindi potrebbero contribuire agli obiettivi della direttiva SUP, nonché al risparmio di materie prime vergini. Tuttavia, una riflessione più ampia deve tener conto delle variabili comportamentali dei consumatori che vanno ad influire sui modelli di raccolta mirata che si basano su meccanismi incentivanti di diverso tipo. Quindi, al di là delle implicazioni a livello di costi e qualità dei materiali, non è facile prevedere come i consumatori, che nella pratica corrispondono al primo anello della catena di gestione dei rifiuti, potrebbero accogliere e quindi partecipare con più o meno attenzione al tipo di raccolta messa in campo.

Si dice che il miglior rifiuto da gestire è quello non prodotto. Questo sarebbe possibile, ad esempio, consumando acqua di rete invece che acquistando acqua in bottiglie di plastica. Ci si chiede quindi se nel momento in cui verrà fatto passare il messaggio che le bottiglie restituite verranno inviate a riciclo con alta efficienza il cittadino dimenticherà che l’azione migliore è quella della prevenzione.

La sfida sarà proprio trovare il modo di far convivere le diverse tecniche di raccolta con l’obiettivo del conseguimento del minor impatto ambientale possibile.


Oltre all’analisi degli scenari dal punto di vista dei tassi di raccolta e riciclo, è stato presentato uno studio preliminare incentrato sull’aspetto economico: è stato costruito un modello che potesse rappresentare una prima stima del costo o profitto di un sistema DRS per bottiglie monouso in PET da implementare in Italia. Il modello è stato sviluppato congiuntamente al Professor Alberto Bellini, dell’Università di Bologna, e ha tratto ispirazione dall’esperienza svedese, tramite il contatto diretto con Returpack, l’operatore del sistema cauzionale in Svezia.

Durante gli altri panel del convegno hanno partecipato anche diversi rappresentanti del Mase, di ISPRA, Utilitalia, AssoAmbiente e delle Amministrazioni Comunali, che hanno portato diversi spunti di discussione e riflessione, anche da un punto di vista diverso da quello del mondo accademico e più vicino a quello degli operatori del settore.

Il Piano verso l’Economia Circolare della Regione Lombardia

AWARE ha collaborato alla redazione del nuovo Programma Regionale di Gestione dei rifiuti, ufficialmente approvato nel 2022, che fotografa la situazione attuale e traguarda il 2027 e gli ambiziosi obiettivi definiti dalle più recenti indicazioni europee. La Regione Lombardia si conferma particolarmente avanzata, sia in termini di prestazioni raggiunte nella parte di monte del sistema (prevenzione dei rifiuti, raccolta differenziata) che di efficienza ed efficacia del sistema impiantistico di trattamento.

Il parco impiantistico per il trattamento dei rifiuti urbani

Traguardando il 2027 si prevede un ulteriore incremento delle raccolte differenziate, nonché un consolidamento e una razionalizzazione del quadro impiantistico, puntando all’aumento dei livelli di riciclo e recupero.

Tutto ciò è ben riassunto in un quaderno divulgativo che illustra in maniera esaustiva tutti i risultati del Piano.

Meeting annuale SETAC: verso la circolarità nel settore delle plastiche

Dal 30 aprile al 4 maggio si terrà a Dublino il 33° Meeting annuale della Society of Environmental Toxicology and Chemistry (SETAC). Questo evento rappresenta un’importante occasione d’incontro per esperti del mondo accademico, dell’industria e del governo, devoti ai temi della protezione e ripristino ambientale. Il Meeting si propone come strumento per supportare la transizione ad una economia rinnovabile e sostenibile, e per facilitare processi decisionali e politici basati su dati scientifici.

Saremo presenti all’evento presiedendo una sessione dedicata alla riduzione degli impatti ambientali del settore delle plastiche. In questo settore, gli attuali strumenti di gestione dei prodotti e dei flussi in gioco non consentono di evitare severi danni ambientali, in particolare legati alle perdite di microplastiche in ambiente. In questa sessione, esperti della catena di valore del settore delle plastiche esporranno come approcci basati sull’Analisi dei Flussi di Materia (MFA) possano essere combinati con la Valutazione del Ciclo di Vita (LCA), al fine di raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei sulla circolarità del settore delle plastiche. I principali flussi del settore verranno analizzati nel dettaglio, ponendo particolare attenzione ad aspetti poco esplorati quali i flussi di plastiche mal gestiti o persi in ambiente (si veda ad esempio il recente report del Joint Research Centre di Ispra dedicato all’Analisi dei Flussi di Materia in Europa). Durante l’incontro si discuteranno anche i possibili effetti tossicologici dovuti alla presenza di additivi nei prodotti di plastica e i possibili vantaggi legati a un design sostenibile e alle innovative pratiche di gestione del fine vita di questi prodotti.

Per ulteriori dettagli sulle altre sessioni del Meeting SETAC, si rimanda al sito ufficiale dell’evento.

Analisi sperimentale sulla degradazione in condizioni aerobiche e anaerobiche di vaschette a base carta per il cibo d’asporto

Negli ultimi anni e successivamente alla recente crisi pandemica, gli imballaggi legati al cibo d’asporto hanno registrato una forte crescita, anche in sostituzione a quelli realizzati in plastica tradizionale. Sul mercato sono presenti prodotti realizzati in sola carta, in carta sottoposta a trattamenti barriera o accoppiati in carta e bioplastica. Essi sono destinati ad essere separati insieme alla carta, o, se contenenti ancora residui di cibo possono essere conferiti insieme al rifiuto organico. Nel mio lavoro di tesi è stata valutata l’effettiva compatibilità di quattro vaschette a base carta, utilizzate per il cibo d’asporto, con i processi biologici a cui è sottoposto il rifiuto organico. Sono state svolte prove di compostaggio per analizzare il livello di disintegrazione in condizioni aerobiche e prove di biometanazione (BMP – Biochemical Methane Potential) per valutare la degradazione anaerobica in condizioni termofile. Nelle prove di compostaggio, svolte in condizioni il più possibile simili a quelle presenti negli impianti di trattamento industriale, i quattro imballaggi hanno mostrato comportamenti differenti. Le due vaschette realizzate esclusivamente in carta sono risultate disintegrate e indistinguibili dal compost già dopo quattro settimane, la vaschetta con film in bioplastica e quella sottoposta a trattamento barriera hanno invece raggiunto un buon livello di disintegrazione rispettivamente solo dopo otto e dodici settimane. Nelle prove di BMP per la vaschetta in sola carta è stata osservata una degradabilità (>90%) superiore a quella ottenuta per la vaschetta con film in bioplastica (72%). Questi risultati, in accordo con la letteratura, mostrano un’alta compatibilità della carta con i processi biologici, tuttavia la presenza di bioplastica o trattamenti barriera è potenzialmente più critica in tali processi.

Floriana Fava

“Rifiuti e Life Cycle Thinking” iscrizioni aperte!

E’ disponibile il programma e sono aperte le iscrizioni per la sesta edizione di “Rifiuti e Life Cycle Thinking”, giornata dedicata alla presentazione e discussione di lavori sul tema: “Circolarità e sostenibilità: il ruolo di una corretta gestione dei rifiuti e delle risorse e le potenzialità del Life Cycle Thinking”.

L’evento si svolgerà il giorno Martedì 7 marzo 2023 in presenza presso il Politecnico di Milano, Aula Magna Carassa Dadda (Bovisa).

Prima di procedere con l’iscrizione chiediamo di prendere visione dell’informativa privacy.

Dopo aver preso visione dell’informativa privacy, clicca qui per iscriverti.

Waste or Resource? Il ritorno di AWARE in Libano

Discarica di Hebberyie, febbraio 2021 (ph. Francesca Villa)

Il primo agosto 2022 è partito il progetto “RIFIUTO o RISORSA?” (WASTE or RESOURCE?), che ci vedrà partecipi sul territorio del Libano per i prossimi tre anni. Il Politecnico di Milano infatti è partner (attraverso il nostro gruppo di ricerca) di un progetto di cooperazione finanziato da AICS – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, e promosso da CELIM, insieme a CESVI, Ingegneria Senza Frontiere Milano, Oxfam It, Oxfam GB e alle Municipalità di Hasbaya e Chebaa, nostri partner locali.

È la seconda volta che siamo chiamati a partecipare ad un progetto per migliorare la gestione dei rifiuti in Libano, un paese di cui ormai conosciamo la complessità, e che da più di due anni sta attraversando una importante crisi economica e sociale. In un momento così delicato potrebbe sembrare che l’ambiente non sia una priorità, ma la situazione di degrado ambientale generalizzata impatta tangibilmente sulla qualità della vita delle persone, e la gestione dei rifiuti appare un tema molto sentito dalla popolazione e dai rappresentanti delle istituzioni locali.

Ridurre l’impatto negativo su salute e ambiente dovuto ad una problematica gestione dei rifiuti è quindi l’obiettivo generale del progetto, da raggiungere attraverso tre risultati attesi principali: il miglioramento della raccolta dei rifiuti attraverso l’introduzione della raccolta differenziata ad Hasbaya e Chebaa (R1), la realizzazione di impianti di trattamento della frazione organica – compostaggio – e separazione dei riciclabili (R2), il supporto a piccole medie imprese locali già impegnate nell’economia circolare a migliorare i propri modelli di sviluppo sostenibile. Noi saremo direttamente coinvolti nel R1 e R2.

L’intervento impatterà sugli SDGs 1, 3, 8, 11, 12, 13, 15.

In questo momento è in corso la prima missione, con Francesca Villa (Ph.D.) sul campo insieme all’appena costituito team “waste or resources?”. L’obiettivo di questa prima visita è l’impostazione di una campagna di raccolta dati sul campo, che vedrà poi il coordinamento da remoto di Polimi e ISF-MI, l’implementazione sul campo da parte di CELIM e il fondamentale supporto delle Municipalità coinvolte.

Visita alla discarica di Chebaa del team di progetto Waste or resource?
(ph. Agnese Stracquadanio)

Ridurre gli impatti ambientali delle auto a benzina utilizzando miscele innovative: LCA e confronto con l’auto elettrica


E’ stato pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Cleaner Production uno studio LCA commissionato da Eni S.p.A ed eseguito nell’ambito di un dottorato, cofinanziato da PoliMi e Innovhub-SSI, nonché congiunto con la VUB di Bruxelles. Lo studio ha confrontato gli impatti ambientali di un’automobile alimentata con quattro miscele di benzina e combustibili rinnovabili. Le miscele, testate su un’automobile sia in laboratorio che in strada, sono state formulate in modo da essere già utilizzabili dall’attuale flotta circolante. I combustibili miscelati sono stati bioetanolo, bionafta, ETBE, bio-ETBE, metanolo, bio-metanolo ed e-metanolo. L’automobile tradizionale è stata anche posta a confronto con un’automobile elettrica. Dopo una selezione preliminare delle materie prime, tutti i combustibili rinnovabili miscelati permettono di ottenere una riduzione, seppur modesta, dell’impatto sul cambiamento climatico (da 0,8% a 10,1%), a confronto con l’auto a benzina. La bionafta in combinazione con il bioetanolo ha contribuito al miglior risultato (-10,1%), ma gli effetti da cambiamento di destinazione d’uso dei terreni (land-use change) connessi all’olio di palma utilizzato per produzione di bionafta devono essere evitati, in quanto potrebbero annullare i benefici. L’auto elettrica permette maggiori riduzioni di gas serra emessi: -41% rispetto all’auto a benzina. Sebbene l’uso di miscele parzialmente rinnovabili e l’uso di elettricità riducano gli impatti di cambiamento climatico e uso di risorse fossili, per le altre 14 categorie di impatto il quadro è più vario.

Si rimanda all’articolo, intitolato “Life Cycle Assessment of innovative fuel blends for passenger cars with a spark-ignition engine: A comparative approach” e scaricabile gratuitamente fino al 6 dicembre.

Impatti ambientali per la categoria di impatto “cambiamenti climatici” escludendo gli effetti da cambiamento di destinazione d’uso dei terreni, espressi in g CO2 eq/km. I rombi bianchi indicano l’impatto dalla culla alla tomba. Legenda: BEV = battery electric vehicle, EoL = end of life, ETBE = ethyl tert-butyl ether, EtOH = ethanol, EU = European Union, ICEV = internal combustion engine vehicle, TTW = tank-to-wheels, WTT = well-to-tank.