Prevenzione e trattamento dei rifiuti e produzione di idrogeno nella sessione di laurea magistrale di dicembre

Nel contesto delle attività di economia circolare e prevenzione dei rifiuti, il mio lavoro di tesi ha analizzato se e in che misura l’attività del centro del riuso “Panta Rei” di Vimercate possa effettivamente contribuire a fornire benefici ambientali. Tale valutazione è stata effettuata utilizzando la metodologia LCA, modellizzando la prima e la seconda vita dei beni in esame e distinguendo tra impatti ambientali evitati (prima vita) e impatti aggiuntivi (seconda vita). I risultati hanno mostrato che nel 2022 il centro ha generato benefici ambientali in solo 6 delle 16 categorie di impatto esaminate. La prestazione ambientale dell’attività di riuso, infatti, dipende da numerosi fattori, quali il tasso di sostituzione (indica se l’acquisto di un bene usato sostituisce realmente l’acquisto di un bene nuovo), il tasso di qualità (indica la vita media attesa del bene usato rispetto a quella del bene nuovo), l’indice di prestazione energetica (indica la prestazione energetica del bene usato rispetto a quella del bene nuovo), la distanza tra centro del riuso e abitazione del secondo utente e il tempo effettivo di utilizzo del bene. Una sostituzione del 100% tra beni nuovi e usati, ad esempio, porterebbe a benefici ambientali in tutte le categorie di impatto. Sono state così identificate tre azioni chiave per migliorare le prestazioni ambientali dei centri del riuso: aumentare la consapevolezza dei cittadini sugli impatti delle loro azioni, promuovere la mobilità sostenibile e ridurre le distanze tra centro e consumatori. Il lavoro sottolinea, in definitiva, l’importanza del ruolo del consumatore nel garantire benefici ambientali nelle attività di prevenzione dei rifiuti. Mary Jo Floriana Antonia Nichilo

Lo studio svolto nella mia tesi parte da un’indagine effettuata sul territorio calabrese, nella provincia di Catanzaro, ove risulta frequente il fenomeno dell’abbandono massiccio di rifiuti. L’obiettivo dello studio è stato analizzare l’impatto ambientale della gestione dei suddetti rifiuti tramite la metodologia LCA. A causa della loro qualità compromessa dall’azione degli agenti atmosferici, il riciclo di materiali viene escluso, ma ne viene considerato il recupero energetico. Sono stati individuati tre scenari: lo smaltimento in discarica, la gestione tramite termovalorizzatore e la gestione tramite gassificatore. I risultati hanno mostrato come la gestione tramite gassificatore ha un impatto irrilevante (a tratti negativo) sulle categorie di tossicità, mentre dal punto di vista delle emissioni atmosferiche è nettamente in svantaggio rispetto il termovalorizzatore. Perciò per la gestione immediata di tali rifiuti è consigliato il trattamento tramite termovalorizzatore. Tuttavia, la gestione tramite gassificatore lascia degli interessanti spunti di lavoro per la riduzione delle emissioni, al fine di renderlo comparabile e competitivo rispetto al termovalorizzatore in termini di impatto ambientale. Sara Mattei

In today’s world, there is an urgent need to shift towards sustainable fuel and energy options, and these alternatives to consider need to be environmentally friendly, throughout their life cycle. Hydrogen emerges as a promising option due to its lack of Carbon dioxide emissions, high-energy content, and favourable combustion kinetics. The Helmholtz Centre for Environmental Research (UFZ) in Leipzig, Germany, has developed a white hydrogen production technology utilizing cyanobacteria, that could contribute to global sustainable energy demands. This study conducts a comprehensive Life Cycle Assessment of this white hydrogen production technology, intending to elucidate its environmental consequences and potential as a sustainable energy solution. Results show that this technology is an energy-intensive process and relies significantly on electricity, and the impact on the environment is exacerbated by the German electricity mix to levels comparable to conventional grey hydrogen production technologies. Shifting to renewable energy sources, especially wind, reduces environmental impacts by 75%, but challenges persist. This study advocates a holistic approach, combining renewable energy sources and sustainable choices of BG-11 medium to substantially diminish environmental impacts. Despite challenges, hydrogen production by cyanobacteria remains a promising avenue for sustainable hydrogen production, aligning with the global pursuit of greener energy alternatives. Usamah Derwaish

The role of life cycle thinking-based methodologies in the development of waste management plans

È appena stato pubblicato un nuovo articolo sulla rivista Waste Management che si è concentrato sull’analisi dell’utilizzo delle methodologie di Life Cycle Thinking nella redazione dei Piani di Gestione dei rifiuti.

Highlights:

  • Valutazione dell’uso delle metodologie Life Cycle Thinking nei Piani di Gestione dei Rifiuti.
  • Valutazione di diversi livelli di applicazione dell’Analisi del Ciclo di Vita nei Piani di Gestione dei Rifiuti.
  • Applicazione del modello sviluppato per la revisione dei Piani di Gestione dei Rifiuti a livello italiano.
  • Raccomandazione per migliorare l’uso delle metodologie Life Cycle Thinking nella preparazione dei Piani di Gestione dei Rifiuti.

L’articolo è stato sviluppato nel contesto del gruppo di lavoro Gestione e Trattamento dei Rifiuti della Rete Italiana LCA.

Qui è possibile leggere la pubblicazione.

Analysis of Life Cycle Assessment studies on single-use and reusable packaging for dine-in and take-away influencing the discussion on PPWR

Analisi degli studi LCA su imballaggi monouso e riutilizzabili per il settore della ristorazione rilevanti ai fini della discussione sul nuovo regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio

Over the last few months, as experts in Life Cycle Assessment (LCA), along with other researchers and professors, we have been engaged in academic (and beyond) discussions on the topic of PPWR Packaging and Packaging Waste Regulation. Specifically, we focused on the role of life cycle assessments as a tool to support environmental decision-making. Out of these discussions arose the Open Letter, previously published here. The objective was to provide guidelines to policymakers, particularly members of the European Parliament, on what is scientifically and methodologically relevant in the field of LCA. We defined criteria that a study based on “Life Cycle Thinking” should meet to be considered reliable. We believe it’s crucial to inform policymakers on this matter, enabling them to make informed decisions regarding environmental issues, especially considering the potential environmental impacts of various policies.

Recently, several LCA studies on single-use and reusable packaging in the restaurant and take-away food sector have been published and considered in political discussions on proposed reuse targets in the draft regulation. In particular, studies commissioned by industrial players with specific interests, such as the “No Silver Bullet study” funded by McDonald’s and studies commissioned by the European Paper Packaging Alliance (EPPA), have received significant media coverage. As a follow-up to the letter, we conducted an analysis evaluating some LCA studies in light of the criteria outlined in the open letter, highlighting methodological weaknesses in some of the studies considered so far. The full analysis is available here.

As indicated by the color-coded system, the analyzed studies exhibit varying degrees of criticality. We want to emphasize that when considering studies that may involve conflicts of interest or other forms of bias, such as those funded by the industry, it is crucial to verify the robustness and transparency of the assumptions on which the study is based before evaluating its results.

ITA

Negli ultimi mesi, come esperti di Life Cycle Assessment  (LCA), insieme ad altri ricercatori e professori, siamo stati coinvolti nella discussione accademica (e non solo) sul tema della PPWR Packaging and Packaging Waste Regulation – e in particolare sul ruolo delle analisi del ciclo di vita come strumento di supporto alle decisioni in materia ambientale. Dalla discussione è nata l’Open letter che già avevamo pubblicato (qui). L’obiettivo era dare delle linee guida ai decisori politici, e in particolare ai membri del Parlamento Europeo su cosa fosse rilevante dal punto di vista scientifico e metodologico in materia di LCA: sono stati, quindi, definiti i criteri che uno studio basato sul “Life Cycle Thinking” dovrebbe avere per essere considerato attendibile. Riteniamo che su questo punto sia essenziale informare i politici in modo da consentire di prendere decisioni consapevoli in materia ambientale e in particolare tenendo conto dei potenziali impatti ambientali che le diverse politiche possono avere.

Recentemente, diversi studi LCA sul tema degli imballaggi mono-uso e riutilizzabili per il settore della ristorazione e del cibo da asporto sono stati pubblicati e presi in considerazione durante la discussione politica sui target di riutilizzo proposti nella bozza di regolamento. In particolare, alcuni studi commissionati da attori industriali con specifici interessi, come il “No Silver Bullet study” finanziato da McDonald’s e gli studi commissionati dalla European Paper Packaging Alliance (EPPA), hanno avuto grande copertura mediatica. Quindi, come follow-up alla lettera, è stata condotta un’analisi che valuta alcuni studi LCA alla luce dei criteri della lettera aperta ed evidenzia in quali punti risultino metodologicamente fragili alcuni studi che sono stati finora presi in considerazione. L’analisi estesa è disponibile qui (in inglese).

Come si può vedere dal codice colori, gli studi analizzati presentano delle criticità più o meno gravi. Ci preme sottolineare che nel caso si considerino studi per cui potrebbero esserci conflitti di interesse o altri tipi di condizionamento, ad esempio finanziati dall’industria, sia fondamentale verificare la robustezza e la trasparenza delle assunzioni su cui lo studio si basa prima di valutarne i risultati.

Ex-ante LCA di una tecnologia di flottazione in via di sviluppo: il caso Grecian Magnesite

Il progetto FineFuture, finanziato dall’Unione Europea, mira a creare nuove conoscenze scientifiche per consentire lo sviluppo di tecnologie rivoluzionarie per recuperare le frazioni di particelle fini.

La separazione e il recupero delle particelle molto sottili è importante per la valorizzazione di diverse risorse minerali e contribuirà a garantire la produzione di critical raw materials in un’ottica di maggiore sostenibilità.

La tecnologia FineFuture si basa sullo sfruttamento delle caratteristiche chimiche e fisiche delle particelle, consentendo loro di flottare e concentrarsi. Al fine di indagare la sostenibilità ambientale della tecnologia in via di sviluppo è stata condotta un’analisi prospettica del ciclo di vita (pLCA) per due possibili applicazioni industriali del caso applicativo Grecian Magnesite, che è uno dei principali produttori di ossido di magnesio in Europa.

Ciascuna applicazione può essere considerata come uno studio LCA comparativo indipendente che confronta il sistema attuale con il sistema futuro che incorpora la tecnologia FF su scala industriale.

La pubblicazione è disponibile qui.

Il ciclo di vita di un parco eolico offshore: una nuova pubblicazione disponibile

Risulta ormai chiaro che al fine di decarbonizzare il settore elettrico sia necessaria la crescita delle installazioni di impianti di produzione di energia rinnovabile; tuttavia, per valutarne la reale sostenibilità ambientale, è significativo analizzare le tecnologie di generazione elettrica da fonti rinnovabili anche in ottica di ciclo di vita. Nello specifico, la letteratura scientifica attualmente disponibile risulta essere ancora carente quando si tratta di analisi del ciclo di vita (LCA) di parchi eolici offshore, con turbine di grande taglia (oltre 15 MW) installate su strutture galleggianti, che rispecchiano i recenti sviluppi del settore e le attuali tendenze di mercato.

È stato recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Sustainable Production and Consumption (Volume 39) l’articolo peer-review che riporta i dettagli dello studio LCA svolto per valutare i potenziali impatti ambientali associati all’intero ciclo di vita di un impianto eolico offshore galleggiante, la cui realizzazione al largo della Sicilia è attualmente in fase di autorizzazione. La pubblicazione è disponibile al seguente link.

Rimane, inoltre, accessibile la pubblicazione in italiano su Ingegneria dell’Ambiente (Volume 9, numero 3, anno 2022): scaricabile gratuitamente qui.

Nell’analisi sono state incluse le fasi di approvvigionamento dei materiali, trasporto dei componenti, assemblaggio e installazione con imbarcazioni specializzate, manutenzione durante la fase operativa, smontaggio e fine vita. Inoltre, l’analisi non è stata limitata alla turbina eolica decontestualizzata, ma sono stati inclusi anche gli altri componenti necessari alla realizzazione di un parco eolico in mare, con particolare attenzione per il sistema elettrico necessario per la trasmissione dell’energia prodotta, al fine di valutare quanto la complessità del sistema da implementare per installazioni lontane dalla costa, contribuisca ad aumentare gli impatti complessivi dell’impianto.

Confini del sistema analizzato: ciclo di vita di un impianto eolico offshore

Dai risultati si evince che gli impatti ambientali del parco eolico offshore con turbine galleggianti sono principalmente associati al ciclo di vita della turbina eolica e della struttura galleggiante, e in particolare alla produzione di acciaio, di cui sono richieste grandi quantità per la realizzazione di entrambi gli elementi. Le altre fasi del ciclo di vita, invece, hanno contributi nettamente più ridotti rispetto alla fase di approvvigionamento.

Dal confronto dei risultati per 1 GWh di energia prodotta dal parco eolico con la medesima quantità di energia prelevata dalla rete elettrica nazionale, considerando quindi il mix energetico costituito sia da fonti fossili che da rinnovabili, gli impatti complessivi dell’eolico risultano significativamente ridotti per quasi la totalità delle categorie di impatto analizzate: rispetto alla categoria “cambiamento climatico” il beneficio è pari ad una riduzione degli impatti del 92%, mentre si osserva un peggioramento solo per la categoria “esaurimento delle risorse abiotiche” (+95%). Inoltre, i risultati degli indici di payback dimostrano che gli investimenti in termini di emissioni di gas a effetto serra ed energia verrebbero ripagati velocemente dall’evitata generazione di energia da fonti fossili, rispettivamente in 2 e 3 anni.
Complessivamente, i risultati dell’analisi forniscono un’indicazione di massima, utile a prendere consapevolezza sui carichi ambientali di un sistema di generazione di elettricità da fonte rinnovabile e confrontarlo con altre fonti energetiche; tuttavia, deve essere tenuto in considerazione il fatto che, attualmente, si tratta una stima preliminare basata sulle scelte progettuali presentate per la fase di scoping della Valutazione di Impatto Ambientale.

Convegno dell’Associazione Rete Italiana LCA

Nel 1993, nelle Guidelines for Life-Cycle Assessment: A “Code of Practice” della Society of Environmental Toxicology and Chemistry (SETAC), viene definita per la prima volta la struttura della metodologia Life Cycle Assessment (LCA).

A trent’anni dalla nascita, la valutazione del ciclo di vita LCA ha conosciuto ampi sviluppi di tipo metodologico e notevole espansione in diversi ambiti applicativi, sia nel contesto politico sia nel contesto industriale. Le politiche costituiscono un forte traino alla diffusione dell’approccio Life Cycle Thinking (LCT) e della metodologia LCA, ormai richiamata pervasivamente all’interno dei documenti di indirizzo e nei programmi per la transizione ecologica sia europei sia nazionali. Allo stesso tempo, il mercato riconosce sempre di più il ruolo della metodologia LCA quale strumento scientifico a supporto dei processi decisionali, di certificazione e di marketing ambientale, onde evitare fenomeni di greenwashing. La metodologia LCA dimostra inoltre la flessibilità di essere applicata in diversi settori e a diverse scale (dal prodotto al territorio).

Il Convegno della Rete Italiana LCA del 2023 vuole essere un momento di riflessione sui traguardi raggiunti, tramite le evoluzioni metodologiche sviluppate e le esperienze applicative in grado di garantire una vera e sostanziale rivoluzione verde a livello nazionale ed internazionale.

Il gruppo AWARE, in particolare con Camilla Tua e Lucia Rigamonti, partecipa all’organizzazione del Convegno.

Si ricorda che la scadenza per l’invio di un contributo è oramai prossima essendo il 31 marzo!

Sul sito del Convegno trovate tutte le informazioni necessarie per l’invio del contributo.

Rifiuti tessili: facciamo il punto

Selezione manuale dei rifiuti tessili (immagine da https://unsplash.com)

Negli ultimi mesi sono stati vari gli sviluppi in materia di gestione dei rifiuti tessili. Il 2 febbraio il Ministero dell’Ambiente ha diffuso un comunicato stampa in cui si dichiara che per la filiera del tessile è in arrivo un provvedimento per istituire la responsabilità estesa del produttore. Sul testo è stata avviata una consultazione degli stakeholder principali, che terminerà il 3 marzo. Tutti i sistemi di gestione riconosciuti dal Ministero andranno a costituire il CORIT (Centro di Coordinamento per il Riciclo dei Tessili), al fine di garantire il necessario coordinamento dell’attività di raccolta differenziata.

La raccolta separata della frazione tessile è obbligatoria per i paesi dell’UE entro il 2025, ma in Italia quest’obbligo, rivolto ai comuni, è stato anticipato al 1° gennaio 2022 dal DL 116/2020. Attualmente, nel nostro paese sono attivi quattro consorzi: RETEXT.GREEN (fondato da Sistema Moda Italia e Fondazione del Tessile Italiano), ECOTESSILI (fondato da Federdistribuzione), COBAT TESSILE (parte di COBAT, piattaforma multi-consortile controllata da Innovatec) e RE.CREA (coordinato da Camera nazionale della moda Italiana e fondato da diversi noti brand di moda italiani). Tra gli attori interessati si può aggiungere anche UNIRAU (Unione Imprese Raccolta Riuso e Riciclo Abbigliamento Usato).

Recentemente, il Ministero ha anche risposto ad un interpello di Confindustria sul deposito preliminare dei rifiuti tessili nei punti vendita, chiarendo che potrà essere svolto dai soggetti che chiederanno il riconoscimento del proprio sistema solamente dopo che il decreto sulla EPR per il tessile sarà operativo.

L’approccio al settore tessile del consorzio francese Refashion. La Francia è l’unico paese europeo che ad oggi è dotato di uno schema EPR strutturato per il settore tessile (immagine da https://refashion.fr)

Il 9 febbraio scorso abbiamo seguito il Textile Innovation Day organizzato da Sistema Moda Italia. Nei vari interventi sono emerse diverse possibilità di upcycling e downcycling, mentre per quanto riguarda la gestione del rifiuto, la fase di selezione riveste un ruolo fondamentale: i capi riutilizzabili vengono separati dal flusso principale, elementi come zip e bottoni vengono rimossi e i capi vengono suddivisi a seconda del colore e/o del tipo di fibra. Gran parte dei processi di selezione avviene manualmente ma non mancano le novità sul piano della selezione automatica, con macchine che operano tramite spettrometria o intelligenza artificiale. Tra le tecnologie di riciclo, le più consolidate sono il riciclo meccanico e quello termo-meccanico. Il riciclo chimico è in fase di sviluppo mentre quello biologico, in cui si sfrutta l’azione di enzimi, è in fase di studio. Per una panoramica di dettaglio sulle tecnologie di riciclo del tessile consigliamo la lettura del rapporto della Commissione Europea Study on the technical, regulatory, economic and environmental effectiveness of textile fibres recycling, pubblicato nel novembre 2021.

Per stimare quale siano i potenziali impatti ambientali del sistema di gestione dei rifiuti, è importante tenere conto di valutazioni LCA. Nella letteratura scientifica, la maggior parte degli studi LCA sui rifiuti tessili riporta il riutilizzo come il metodo da privilegiare. Suggeriamo, a questo proposito, la review di Sandin e Peters del 2018 in cui sono stati analizzati 41 studi LCA sull’argomento. Tra le variabili principali che influenzano i risultati delle analisi sul ciclo di vita della gestione dei rifiuti tessili troviamo il rendimento dei processi di riciclo, la modellizzazione della fase d’uso (numero di lavaggi e riutilizzi), la composizione dei rifiuti in ingresso e il coefficiente di sostituzione tra fibre riciclate e fibre vergini o tra un abito usato e uno nuovo. Le sfide principali sono la capacità di gestire un mix di diversi materiali e il mantenimento della qualità delle fibre riciclate. Nella stima dei potenziali impatti ambientali sul ciclo di vita occorrerà raccogliere un maggior numero di dati sulla fase d’uso, stimando il rilascio di microplastiche e altre sostanze nei cicli di lavaggio, ed integrare nelle analisi anche l’influenza delle piattaforme di scambio per l’abbigliamento di seconda mano, che si stanno diffondendo negli ultimi anni.

Proprio per affrontare il tema dei potenziali impatti ambientali della filiera tessile e del sistema di gestione di questa frazione di rifiuti è in corso un dottorato di ricerca di AWARE in collaborazione con Regione Lombardia.