Nuove sfide per la categoria di impatto sulla riduzione dello strato di ozono

Panoramica delle limitazioni e sfide della caratterizzazione midpoint ed endpoint. Il segno “+” si riferisce a effetti positivi sullo strato di ozono stratosferico, mentre i segni “-” ad effetti dannosi. GHG = greenhouse gas, LCA = life cycle assessment, LCIA = life cycle impact assessment, ODS = ozone-depleting substance, VSLS = very short-lived substance.

È stato pubblicato sulla rivista scientifica Cleaner Environmental Systems un nuovo articolo dal titolo “Revisiting the challenges of ozone depletion in life cycle assessment“. L’articolo si è prefisso di valutare lo stato dell’arte della scienza sull’ozono stratosferico per quanto pertiene alle valutazioni del ciclo di vita. I risultati principali hanno sottolineato la necessità di:

  • aggiornamenti regolari dei database per LCA in linea con il Protocollo di Montreal;
  • aggiornamenti dei modelli di caratterizzazione con le più recenti pubblicazioni dell’Organizzazione Metereologica Mondiale;
  • espansione delle sostanze caratterizzate nei metodi di valutazione degli impatti;
  • inclusione di una gamma più ampia di effetti nei modelli di caratterizzazione endpoint.

Includere tutti gli effetti relativi a una singola sostanza rappresenta una grande sfida, richiedendo ingenti quantità di dati aggiuntivi e tecniche di modellizzazione per tenere conto degli effetti sinergici e antagonistici con altre categorie di impatto, come il cambiamento climatico. Pertanto, la collaborazione tra varie comunità scientifiche, inclusi esperti di scienze atmosferiche ed ambientali, è essenziale.

Il lavoro è frutto di una collaborazione tra il gruppo di ricerca EVERGi dell’Università VUB di Bruxelles, il gruppo di ricerca AWARE, il centro di ricerca belga VITO/EnergyVille e l’istituto CML dell’Università di Leida.

Qui è possibile leggere la pubblicazione.

Separare correttamente i rifiuti in un contesto aeroportuale

É stato pubblicato sulla rivista scientifica Waste Management un articolo in cui viene affrontato il tema della gestione dei rifiuti solidi urbani nelle aree pubbliche, con specifico riferimento a quelli generati negli spazi comuni dell’aeroporto di Milano Malpensa. Tali rifiuti sono spesso caratterizzati da alti livelli di contaminazione a causa principalmente della fretta, negligenza o incertezza delle persone. Per questi motivi, nella maggior parte dei casi non è possibile l’avvio a riciclo, nonostante le analisi di composizione abbiano evidenziato che circa l’88% del materiale possa essere riciclato.


Lo studio pone a confronto la raccolta differenziata effettuata manualmente dai passeggeri dell’aeroporto con quella effettuata da un cestino automatico basato sull’intelligenza artificiale, il cestino WiSort, in grado di separare il rifiuto in quattro diverse frazioni (carta, plastica, vetro/alluminio e indifferenziato), per valutare gli impatti ambientali, tramite un’analisi di Life Cycle Assessment (LCA), ed economici lungo tutta la catena di gestione del rifiuto. I risultati mostrano come l’utilizzo di un sistema automatico possa determinare sia benefici di tipo ambientale (maggiori quantità effettivamente avviate a riciclo) che economico (riduzione dei costi di smaltimento e ottimizzazione delle attività di raccolta), a patto che sia garantito un livello di accuratezza di classificazione superiore all’80%.

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L’analisi del ciclo di vita applicata alla gestione dei rifiuti tessili

La presa di coscienza degli impatti ambientali dell’industria tessile e la diffusione di capi di abbigliamento la cui vita utile è sempre più breve sta portando, negli ultimi anni, a un certo fermento nel mondo dei tessili, dal punto di vista normativo (EU Strategy for sustainable and circular textiles), dal punto di vista delle aziende produttrici, e da parte dei soggetti che si occupano della gestione dei rifiuti. Anche per quanto riguarda questo settore, l’applicazione dell’analisi del ciclo di vita (LCA) fornisce utili indicazioni per valutare gli impatti di strategie di circolarità e di sistemi per la gestione dei rifiuti.

In questo contesto è stato pubblicato sulla rivista Waste Management un nostro articolo dal titolo Life cycle assessment applications to reuse, recycling and circular practices for textiles: A review.

Si tratta di una revisione sistematica della letteratura scientifica disponibile in merito a studi LCA applicati alla gestione di rifiuti tessili e a diverse strategie di economia circolare applicate a prodotti tessili.

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Gli articoli sono stati analizzati per rispondere a 5 domande di ricerca:

1) quali sono, dal punto di vista degli impatti ambientali, le migliori opzioni per gestire i flussi di rifiuti tessili su scala nazionale o regionale?

2) Qual è il contributo agli impatti ambientali della gestione della frazione di rifiuto tessile, se comparata alla gestione delle altre frazioni di rifiuti urbani?

3) Quali sono gli impatti ambientali legati ai processi di riciclo dei tessili?

4) Quale contributo nella riduzione degli impatti ambientali sul ciclo di vita di un prodotto tessile possono avere diverse pratiche di economia circolare (buone pratiche nella fase d’uso, condivisione, utilizzo di fibre riciclate, riciclo a fine vita)?

5) Quali sono le variabili che influenzano maggiormente i risultati delle analisi sul ciclo di vita?

L’analisi degli articoli ha dimostrato come le pratiche che allungano la vita utile dei prodotti tessili, unite ad una gestione del fine vita che segue la gerarchia dei rifiuti in un sistema integrato, portano a notevoli benefici in termini di potenziali impatti ambientali. Le variabili che influenzano i risultati sono, però, numerose.

Se vuoi saperne di più, trovi l’articolo completo qui.

Riciclo del vetro: un nuovo modello per valutare la perdita di qualità

É appena stato pubblicato sulla rivista scientifica Waste Management un articolo in cui viene proposto un modello in grado di valutare la sostituibilità tra i materiali vergini utilizzati nella produzione del vetro e i rottami di vetro riciclati (cullet).

Il vetro, spesso considerato riciclabile all’infinito, può in realtà subire una riduzione della qualità durante il processo di riciclo (downcycling). Questo fenomeno, causato da diversi fattori tra cui la presenza di impurità e la contaminazione del colore, limita l’utilizzo dei cullet nella produzione di nuovo vetro. Tuttavia, molte analisi di Life Cycle Assessment (LCA) svolte in questo settore trascurano la perdita di qualità dei cullet, assumendo un coefficiente di sostituzione uno-a-uno (1:1) con i materiali vergini e generando risultati poco rappresentativi della realtà.

Il presente studio intende colmare questa lacuna presente nella letteratura scientifica, proponendo una metodologia in grado di integrare il potenziale deterioramento della qualità del vetro durante il riciclo nella quantificazione della sostituibilità dei materiali vergini con i cullet. Una volta formulato, il modello è stato applicato a un caso studio per mostrare come l’inclusione del downcycling influenzi gli esiti di un’LCA. I risultati indicano che tra i cullet e i materiali vergini si ha una sostituzione effettiva dell’83 %, ridimensionando i reali benefici associati al riciclo del vetro. Ciò conferma l’importanza di includere il downcycling nelle analisi LCA, al fine di ottenere stime più accurate riguardo al risparmio di materie prime e agli impatti ambientali.

Qui è possibile leggere la pubblicazione.

I rifiuti e la Città Eterna

Anche se probabilmente in ambito internazionale si tende ancora ad associare Napoli e la Campania all’emergenza rifiuti in Italia, da tempo il vero hotspot è diventato la Regione Lazio, e la Città Eterna in particolare. Dopo la chiusura della mega-discarica di Malagrotta nel 2013, infatti, la Regione ha faticato a mettere in atto un sistema di gestione moderno e avanzato, finendo relegata tra quelle con i peggiori risultati in Italia. Di questo si parla nell’ultimo editoriale su Waste Management & Research, che prende spunto dalla recente esperienza dello Spazzatour 2024.

L’editoriale è disponibile ad accesso libero qua

Plastiche e imballaggi: le alternative sono realmente più sostenibili? Cosa ci dice l’analisi del ciclo di vita

Nel commercio moderno gli imballaggi in plastica svolgono ancora un ruolo fondamentale in diversi settori quale ad esempio quello alimentare, dove a oggi rappresentano il 64% delle vendite complessive. Tuttavia, a causa del crescente senso di responsabilità ambientale da parte dei cittadini e delle aziende, laddove ciò sia tecnicamente fattibile, le plastiche convenzionali sono sempre più sostituite da materiali alternativi, percepiti come più sostenibili. Tale percezione deve però trovare conferma attraverso valutazioni scientifiche, effettuate ad esempio con il supporto dell’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA).

Inserendosi in tale contesto, il gruppo di ricerca AWARE ha appena pubblicato un nuovo articolo sulla rivista Waste Management & Research: The Journal for a Sustainable Circular Economy dal titolo “How does plastic compare with alternative materials in the packaging sector? A systematic review of LCA studies”.

Nella pubblicazione si analizzano 53 studi LCA peer-reviewed pubblicati nella letteratura scientifica, nell’intervallo temporale 2019-2023, con l’obiettivo di comprendere lo stato dell’arte in merito agli impatti ambientali degli imballaggi concentrandosi sul confronto tra plastica e materiali alternativi. L’analisi della letteratura ha dimostrato come le percezioni dei consumatori spesso differiscano dai risultati dell’LCA e ha rivelato che le plastiche convenzionali non rappresentano sempre la scelta meno rispettosa dell’ambiente. Partendo dalle bioplastiche, che si stanno sempre più diffondendo sul mercato, si evidenziano prestazioni migliori rispetto alle plastiche convenzionali negli indicatori di cambiamento climatico e di esaurimento delle risorse fossili, mentre nelle altre categorie di impatto i carichi ambientali sono generalmente peggiori. Anche l’uso del vetro risulta poco raccomandabile da un punto di vista ambientale a causa del peso elevato di tale materiale rispetto alla plastica, peso che influenza non solo le prestazioni della fase produttiva ma anche quelle delle fasi di trasporto coinvolte nella filiera. Un miglioramento ambientale è sicuramente ottenibile attraverso il riutilizzo del vetro, ma solo sotto determinate condizioni (quali l’elevato numero di riutilizzi e distanze di trasporto ridotte) il materiale diventa raccomandabile rispetto all’utilizzo delle plastiche convenzionali. Per i metalli, l’alluminio in particolare, il confronto con la plastiche è più equilibrato soprattutto nel settore delle bevande e lo stesso discorso vale per la carta.

La revisione degli studi LCA ha consentito anche di identificare aree di miglioramento per la maggior parte dei materiali analizzati. Per quanto concerne il vetro e i metalli, il settore produttivo dovrebbe concentrarsi sul loro riutilizzo, operazione che consente di ridurre significativamente il carico ambientale, cercando tuttavia di limitare le distanze di trasporto e i carichi ambientali per il ricondizionamento e il lavaggio degli imballaggi tra un utilizzo e l’altro. Per le bioplastiche, materiali di più recente introduzione, i processi produttivi necessitano ancora di un’ottimizzazione, ottenibile per esempio concentrandosi sull’utilizzo di scarti di processo come materia prima. Anche la fase di fine vita necessita di essere migliorata, cercando di superare le limitazioni legate ai processi biologici e magari puntando sul loro riciclo, a seguito di una raccolta differenziata. Occorre inoltre sottolineare che le plastiche convenzionali possono ulteriormente migliorare le proprie prestazioni ambientali incrementando la percentuale di polimeri riciclati nel relativo processo produttivo.

Si sottolinea come ultimo aspetto che l’analisi delle prestazioni ambientali non è sufficiente per trarre conclusioni definitive sulla sostenibilità complessiva della plastica convenzionale rispetto agli altri materiali. Per una valutazione esaustiva si richiede anche un’analisi degli impatti sociali ed economici degli imballaggi, sempre basata sull’approccio del ciclo di vita.

L’articolo completo è visionabile gratuitamente al seguente link

Sostenibilità ambientale dei parchi eolici offshore galleggianti – una nuova pubblicazione

È appena stato pubblicato un nuovo articolo sulla rivista Renewable and Sustainable Energy Reviews che discute in senso ampio la sostenibilità ambientale dei parchi eolici offshore galleggianti.

La pubblicazione “Making eco-sustainable floating offshore wind farms: Siting, mitigations, and compensations” è disponibile al seguente link.

Graphical abstract

L’energia eolica è riconosciuta tra le risorse rinnovabili più promettenti per la transizione energetica e il fatto che le turbine eoliche possano essere installate su strutture di fondazione galleggianti permetterà il loro posizionamento in zone con fondali di profondità sempre maggiori ed eventualmente più lontane dalla costa. Sebbene questa possibilità porti a dei vantaggi in termini di produttività dei parchi eolici e di riduzione dell’impatto paesaggistico, la comprensione ancora limitata degli impatti sugli ecosistemi e le preoccupazioni per i conflitti nell’uso dello spazio marittimo (ad esempio, per la pesca) potrebbero portare a un approccio precauzionale che ne limita lo sviluppo.

Con queste premesse, l’articolo presenta le caratteristiche degli habitat potenzialmente interessati da queste installazioni e definisce un insieme di criteri standardizzati applicabili durante il processo di autorizzazione, al fine che la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) supporti effettivamente una progettazione in grado di garantire il principio “Do No Significant Harm“.

La pubblicazione nasce dallo sforzo condiviso di diversi esperti che hanno apportato il loro specifico punto di vista sul tema; il contributo all’analisi di alcuni componenti del gruppo AWARE riguarda il ruolo della valutazione del ciclo di vita (LCA) al fine di ampliare ancora di più lo spettro dei potenziali impatti ambientali da indagare. Per approfondire questo specifico tema è sempre disposibile, in open access, l’articolo “Life cycle assessment of a floating offshore wind farm in Italy” che presenta uno studio di valutazione del ciclo di vita di un impianto eolico offshore di 190 turbine da 14,7 MW da installare su fondazioni galleggianti.

L’articolo appena pubblicato, concentrando il focus dell’analisi soprattutto su impatti non inclusi o non ancora ampiamente affrontati nelle LCA, conclude che un’adeguata localizzazione, un monitoraggio sistematico nonché azioni di mitigazione e compensazione possono ridurre al minimo le interazioni ambientali con gli ecosistemi, con effetti sull’ambiente trascurabili o addirittura positivi.

Studi LCA sugli imballaggi monouso e riutilizzabili per la ristorazione: un aggiornamento

Riprendendo quanto già discusso in questo post a proposito dell’impiego della metodologia LCA come strumento di supporto alle decisioni in materia ambientale e, in particolare, per analisi comparative tra imballaggi monouso e riutilizzabili per il settore della ristorazione, tema emerso in relazione alla discussione sul nuovo regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio (PPWR) e molto dibattuto, vi presentiamo la nuova pubblicazione sulla rivista scientifica The International Journal of Life Cycle Assessment del position paper di cui Lucia Rigamonti, Gaia Brussa e Giulia Cavenago sono coautrici: Requirements for comparative life cycle assessment studies for single-use and reusable packaging and products: recommendation for decision and policy-makers. 

L’obiettivo del position paper è quello di tracciare delle linee guida che possano servire ai decisori politici, e in questo specifico contesto ai membri del Parlamento Europeo, per chiarire cosa sia rilevante dal punto di vista scientifico e metodologico in materia di analisi del ciclo di vita: sono stati, quindi, definiti 11 criteri per valutare se uno studio basato sul “Life Cycle Thinking” possa essere considerato attendibile e se i risultati presentati possano essere utilizzati a supporto delle decisioni. 

In breve, abbiamo stabilito che uno studio LCA per essere considerato scientificamente robusto dovrebbe: 

  • essere indipendente e peer-review; 
  • essere conforme alle ISO 14040 e 14044; 
  • definire chiaramente gli obiettivi e lo scopo dell’analisi; 
  • essere trasparente sui dati dell’inventario e sui risultati della valutazione degli impatti; 
  • contenere analisi di sensibilità e di diversi scenari, per testare diverse assunzioni e parametri; 
  • definire i punti di break-even. 

Sempre sullo stesso tema, vi ricordiamo anche l’uscita a fine febbraio è dello studio del JRC (Joint Research Centre) “Exploring the environmental performance of alternative food packaging products in the European Union”. Lo studio esplora 5 scenari in cui le alternative monouso e riutilizzabili vengono confrontate: (1) Asporto di bibite (calde e fredde) da 0,5 L;  (2) Asporto di cibo pronto; (3) Vendita di bibite (alcoliche e non) da 0,55 L; (4)Vendita di vino da 0,75 L ; (5) Consumo di un pasto in un fast food.

The role of life cycle thinking-based methodologies in the development of waste management plans

È appena stato pubblicato un nuovo articolo sulla rivista Waste Management che si è concentrato sull’analisi dell’utilizzo delle methodologie di Life Cycle Thinking nella redazione dei Piani di Gestione dei rifiuti.

Highlights:

  • Valutazione dell’uso delle metodologie Life Cycle Thinking nei Piani di Gestione dei Rifiuti.
  • Valutazione di diversi livelli di applicazione dell’Analisi del Ciclo di Vita nei Piani di Gestione dei Rifiuti.
  • Applicazione del modello sviluppato per la revisione dei Piani di Gestione dei Rifiuti a livello italiano.
  • Raccomandazione per migliorare l’uso delle metodologie Life Cycle Thinking nella preparazione dei Piani di Gestione dei Rifiuti.

L’articolo è stato sviluppato nel contesto del gruppo di lavoro Gestione e Trattamento dei Rifiuti della Rete Italiana LCA.

Qui è possibile leggere la pubblicazione.

LCA di un assale innovativo per veicoli elettrici

E’ appena stato pubblicato un nuovo articolo sulla rivista scientifica Science of the Total Environment, dal titolo “Life Cycle Assessment of a novel functionally integrated e-axle compared with powertrains for electric and conventional passenger cars“. Lo studio ha analizzato gli impatti ambientali di un innovativo assale integrato per veicoli elettrici, sviluppato nell’ambito del progetto Horizon 2020 FITGEN. Lo studio ha:

  • confrontato l’assale “FITGEN” con altri sistemi di propulsione per autovetture;
  • mostrato che l’assale “FITGEN” riduce del 10% gli impatti sul cambiamento climatico e del 17% i consumi energetici della migliore tecnologia di assale elettrico disponibile sul mercato nel 2018;
  • calcolato che l’assale “FITGEN”, rispetto ai sistemi di propulsione a benzina e gasolio, riduce gli impatti in due delle otto categorie di impatto analizzate (cambiamento climatico e uso di risorse fossili);
  • confermato che le performance ambientali dei sistemi di propulsione sono fortemente dipendenti dalle efficienze dei singoli componenti;
  • mostrato che la riduzione dell’uso di elettronica e l’integrazione fra i componenti riducono gli impatti ambientali del veicolo;
  • invitato a maggiori sforzi per migliorare il profilo ambientale dei sistemi di propulsione elettrici, specialmente con riferimento agli impatti relativi alla tossicità, fortemente causati dalla filiera di estrazione dei metalli.

La pubblicazione è disponibile qui.