Progetti virtuosi e impatti inattesi, il nuovo articolo su Ngong (Kenya)

Vede finalmente la luce l’articolo che presenta la valutazione sociale (Social Assessment – SA) sugli impatti legati alla chiusura della discarica di Ngong (Kenya), svolta nel 2018 all’interno di un progetto promosso da UNHabitat e finanziato da AICS.

“Social aspects in the pathway towards the closure of a dumpsite: the case of Ngong (Kenya)” è disponibile in Open Access presso il sito della rivista “Environment, Development and Sustainability”: https://link.springer.com/article/10.1007/s10668-024-05511-7

Co-autorato da Francesca Villa e Mario Grosso di AWARE insieme ai colleghi della Technical University of Kenya (J. Oteki, L. Sitoki, D. Miheso) e alla sociologa Sonia Maria Diaz di WIEGO, il testo esplora un aspetto spesso trascurato in letteratura, ovvero gli impatti che interventi anche virtuosi sul sistema di gestione dei rifiuti possano avere sulle componenti più vulnerabili della popolazione, soprattutto in contesti a basso reddito.

Se da una parte infatti la sostituzione di una discarica a cielo aperto (destinazione ahinoi di almeno un terzo dei rifiuti smaltiti a livello globale) con un sistema di trattamento e smaltimento controllato è un’azione auspicabile, dall’altra parte le modifiche alla gestione dei rifiuti possono portare a dinamiche di esclusione, aggravando la situazione dei lavoratori del settore informale (i cosiddetti “raccoglitori di rifiuti”, o waste pickers).

La valutazione sociale (non esplicitamente richiesta dalla committenza dello studio di fattibilità) ha portato ad identificare gli impatti percepiti dai diversi soggetti coinvolti, raggruppandoli in linee strategiche: impatti su ambientale, salute e sicurezza; lavoro e vulnerabilità dei lavoratori del settore dei rifiuti; fiducia nelle istituzioni, partecipazione della comunità e opposizione locale; sensibilizzazione; e nuove strategie per la gestione dei rifiuti solidi. Per ciascuno di questi aspetti è stato esplorato il nesso causale e sono state fornite raccomandazioni. I metodi utilizzati, seguendo l’impostazione metodologica di Bernstein (2004), sono stati sia qualitativi che quantitativi, con la raccolta di dati primari sul campo all’inizio del 2018.

I risultati dell’articolo permettono di evidenziare alcuni aspetti rilevanti:

  1. Attenzione alle dinamiche locali: Un miglioramento dell’ambiente fisico non risolve automaticamente le questioni sociali, e la gestione del cambiamento è altrettanto importante per garantire un risultato positivo. La gestione dei conflitti locali (in alcuni casi prevedibili, come le proteste dei lavoratori informali) e l’inclusione delle comunità vulnerabili sono aspetti che possono essere facilmente trascurati nelle fasi iniziali di un progetto.
  2. Integrazione dei lavoratori informali: Nella letteratura correlata alla gestione dei rifiuti nei contesti a basso reddito si rileva spesso l’importanza dell’integrazione dei lavoratori informali (i cosiddetti “raccoglitori di rifiuti”), e la nostra ricerca lo conferma. Misure di integrazione e protezione dei mezzi di sussistenza sono fondamentali per mitigare i rischi sociali.
  3. Implicazioni per le organizzazioni internazionali: Le organizzazioni internazionali che promuovono e finanziano progetti simili hanno un ruolo nel garantirne la sostenibilità anche da un punto di vista sociale, e non solo attraverso la supervisione del processo: la valutazione sociale dovrebbe essere inclusa negli studi di fattibilità, ma è anche importante allocare fondi per implementare una gestione sociale completa.
  4. Limitazioni della valutazione sociale: Le limitazioni della ricerca (principalmente dovute alla scarsità di tempo e alle competenze limitate in scienze sociali all’interno del team) sono evidenziate nell’articolo, in modo tale da supportare la futura progettazione di valutazioni sociali in contesti simili.

In conclusione, l’articolo sottolinea l’importanza di un approccio integrato agli aspetti ambientali, sociali ed economici nella gestione dei rifiuti, per evitare conseguenze negative per le comunità vulnerabili, gestire i conflitti e garantire il successo a lungo termine dei progetti di gestione dei rifiuti. Anche all’interno di progetti prevalentemente tecnici dovrebbe essere considerata una componente di ricerca sociale qualitativa, attingendo a competenze multi-disciplinari.

Degradabilità di imballaggi a base carta per il food delivery

È online e pubblicato sul numero di settembre 2024 della rivista Bioresource technology l’articolo dal titolo “Degradation of paper-based boxes for food delivery in composting and anaerobic digestion tests”.

Nella ricerca è stata valutata la degradabilità di alcune scatole per il food delivery in sola carta e a base carta con film barriera quando sottoposti ai processi biologici di trattamento del rifiuto organico (compostaggio e digestione anaerobica).

La prova di compostaggio è stata svolta riproducendo le condizioni presenti negli impianti di trattamento industriali. Per le condizioni anaerobiche sono stati invece svolti test di biometanazione (BMP) e prove di co-digestione con il rifiuto alimentare in condizioni di semi-continuo per simulare le condizioni presenti negli impianti alla scala industriale.

Nelle prove di compostaggio, le scatole realizzate in sola carta sono risultate disintegrate e indistinguibili dal compost in tempi molto più brevi rispetto alle scatole con trattamento barriera (tra cui la scatola con film in PLA).

I risultati delle prove di BMP hanno mostrato una degradabilità della carta paragonabile a quella del rifiuto alimentare (superiore al 90%), mentre la degradabilità della scatola con film in PLA è risultata inferiore (75%). Inoltre, nelle prove in semicontinuo effettuate sulla vaschetta con film in PLA, sono stati riscontrati residui non degradati, costituiti dal film stesso.

Complessivamente, i risultati mostrano quindi l’elevata compatibilità della carta con i processi biologici di trattamento della frazione organica; al contrario, sono emerse criticità legate alla presenza di film barriera.

Per approfondire, la pubblicazione completa è disponibile a questo link.

New Research Publication: Socio-Economic Assessment of Emerging Mining Technologies

The mining industry faces significant losses in valuable minerals and metals smaller than 20 µm due to difficulty related to the recovery of this fraction. Current methods are often unable to recover these fine materials efficiently, leading to waste and reduced resource optimization. Our research focuses on the FineFuture emerging technology designed to address this issue by improving the beneficiation process for fine-grained mineral deposits, thereby promoting sustainability and enhancing economic efficiency within the industry.

The Social Hotspot assessment developed for the analysis, utilized the Product Social Impact Life Cycle Assessment (PSILCA) database to analyze social hotspots in the relevant industrial sector. In addition, a survey captured the viewpoints of technology developers regarding additional potential social risk and opportunities. The final results were defined by combining these two analyses, conducted according to the 2020 UNEP guidelines for Social Life Cycle Assessment of Products and Organizations.

For the economic assessment, the Material Flow Cost Accounting (MFCA) methodology (ISO14051) was applied, considering material costs, system costs, energy costs, and waste management costs for both the current situation and a future industrial-scale scenario.

For a more in-depth analysis and a comprehensive review of our findings, we invite you to read the full paper, available at the International Journal of Life Cycle Assessment. Click here to access the article.

Microalghe per la depurazione di acque reflue: analisi LCA

È online e pubblicato sulla rivista Waste and Biomass Valorization l’articolo dal titolo “Life Cycle Assessment of Microalgal Biomass Valorization from a Wastewater Treatment Process”. Il lavoro ha come obiettivo, tramite analisi LCA, di valutare le implicazioni, in termini di impatto ambientale, dell’accoppiamento tra un sistema di depurazione delle acque reflue e il processo di coltivazione microalgale. Inoltre, lo studio ha analizzato diverse strategie tramite cui poter valorizzare la biomassa algale, così da renderla risorsa anziché scarto di processo. Tra le strategie analizzate, si è voluto dare rilievo alla possibilità di utilizzare la biomassa algale per la produzione di biostimolanti, prodotti che attualmente stanno avendo grande successo nel settore agricolo per i numerosi benefici che sono in grado di apportare: sviluppo di un sistema radicale forte e di un microbiota del terreno dinamico, aumento dell’efficienza di utilizzo dei macronutrienti presenti nel terreno e della resistenza delle colture agli stress di tipo abiotico.

Dai risultati dello studio è stato possibile concludere che il sistema integrato di depurazione e coltivazione algale ha le potenzialità per ridurre gli impatti ambientali rispetto ad un sistema di depurazione tradizionale, in particolare grazie all’inclusione delle strategie di valorizzazione della biomassa. Inoltre, essendo state testate due modalità di modellizzazione per quanto riguarda i benefici riconducili ai biostimolanti, emerge come tale scelta influenzi i risultati e, quindi, le conclusioni.

Il lavoro è parte dell’attività svolta nell’ambito del progetto Ecosister, progetto finanziato dal Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza (Missione
4 Istruzione e ricerca – Componente 2).

Per approfondire, la pubblicazione completa è disponibile a questo link

Il ciclo di vita del riutilizzo promosso dai centri del riuso: disponibile la pubblicazione in italiano

La Direttiva Quadro Rifiuti stabilisce un quadro giuridico comune a livello europeo per la gestione dei rifiuti, definendo una gerarchia di priorità nella quale il riutilizzo assume un ruolo chiave, collocandosi tra le misure di prevenzione e favorendo la transizione da un’economia lineare a un’economia circolare. Emerge così l’importanza dei centri del riuso nel prolungare la vita utile dei beni, intercettandoli prima che diventino rifiuti e rendendoli disponibili ad altri utenti.

Da questa premessa emergono due domande: il riuso di prodotti offre realmente un beneficio ambientale concreto? E quali sono gli elementi più significativi che influenzano tale potenziale beneficio, richiedendo eventualmente regolamentazioni o interventi? La risposta a questi interrogativi è esplorata nella pubblicazione italiana dal titolo “Quantificazione delle prestazioni ambientali della pratica del riutilizzo promossa dai centri del riuso tramite metodologia LCA”, disponibile sulla rivista Ingegneria dell’Ambiente (volume 11, numero 2, anno 2024).

Il fulcro dello studio è stato definire una metodologia di analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA) della pratica del riutilizzo promossa dai centri del riuso, analizzandone le caratteristiche specifiche. Sono stati definiti parametri chiave per l’analisi, come i tassi di sostituzione, di qualità e di prestazione energetica. La metodologia è stata applicata a un caso di studio, il centro del riuso Panta Rei di Vimercate (MB), per valutare se e in che misura il riutilizzo praticato nel 2022 abbia portato i benefici ambientali previsti. È emerso che il beneficio ambientale associato al riutilizzo di un singolo bene, e di conseguenza all’attività di un centro del riuso, non è automaticamente garantito, ma dipende da diversi fattori, tra cui i più significativi sono risultati il tasso di sostituzione, che indica se l’acquisto di un bene usato sostituisce effettivamente l’acquisto di un bene nuovo, e la distanza tra il centro del riuso e l’abitazione del secondo utente. In generale, lo studio ha sottolineato il ruolo cruciale del consumatore nel contesto del riutilizzo, evidenziando l’importanza di includere questo aspetto in un’analisi completa del ciclo di vita.

La pubblicazione è scaricabile gratuitamente qui.

Sintesi dei risultati principali del caso di studio. Le 16 categorie d’impatto esaminate sono quelle previste dal metodo di caratterizzazione Environmental Footprint 3.1. Il tasso di sostituzione tA,s  è stato ottenuto, per lo scenario base e dove indicato come “effettivo”, tramite un questionario somministrato a un campione di 577 utenti del centro del riuso.

Nuove sfide per la categoria di impatto sulla riduzione dello strato di ozono

Panoramica delle limitazioni e sfide della caratterizzazione midpoint ed endpoint. Il segno “+” si riferisce a effetti positivi sullo strato di ozono stratosferico, mentre i segni “-” ad effetti dannosi. GHG = greenhouse gas, LCA = life cycle assessment, LCIA = life cycle impact assessment, ODS = ozone-depleting substance, VSLS = very short-lived substance.

È stato pubblicato sulla rivista scientifica Cleaner Environmental Systems un nuovo articolo dal titolo “Revisiting the challenges of ozone depletion in life cycle assessment“. L’articolo si è prefisso di valutare lo stato dell’arte della scienza sull’ozono stratosferico per quanto pertiene alle valutazioni del ciclo di vita. I risultati principali hanno sottolineato la necessità di:

  • aggiornamenti regolari dei database per LCA in linea con il Protocollo di Montreal;
  • aggiornamenti dei modelli di caratterizzazione con le più recenti pubblicazioni dell’Organizzazione Metereologica Mondiale;
  • espansione delle sostanze caratterizzate nei metodi di valutazione degli impatti;
  • inclusione di una gamma più ampia di effetti nei modelli di caratterizzazione endpoint.

Includere tutti gli effetti relativi a una singola sostanza rappresenta una grande sfida, richiedendo ingenti quantità di dati aggiuntivi e tecniche di modellizzazione per tenere conto degli effetti sinergici e antagonistici con altre categorie di impatto, come il cambiamento climatico. Pertanto, la collaborazione tra varie comunità scientifiche, inclusi esperti di scienze atmosferiche ed ambientali, è essenziale.

Il lavoro è frutto di una collaborazione tra il gruppo di ricerca EVERGi dell’Università VUB di Bruxelles, il gruppo di ricerca AWARE, il centro di ricerca belga VITO/EnergyVille e l’istituto CML dell’Università di Leida.

Qui è possibile leggere la pubblicazione.

Separare correttamente i rifiuti in un contesto aeroportuale

É stato pubblicato sulla rivista scientifica Waste Management un articolo in cui viene affrontato il tema della gestione dei rifiuti solidi urbani nelle aree pubbliche, con specifico riferimento a quelli generati negli spazi comuni dell’aeroporto di Milano Malpensa. Tali rifiuti sono spesso caratterizzati da alti livelli di contaminazione a causa principalmente della fretta, negligenza o incertezza delle persone. Per questi motivi, nella maggior parte dei casi non è possibile l’avvio a riciclo, nonostante le analisi di composizione abbiano evidenziato che circa l’88% del materiale possa essere riciclato.


Lo studio pone a confronto la raccolta differenziata effettuata manualmente dai passeggeri dell’aeroporto con quella effettuata da un cestino automatico basato sull’intelligenza artificiale, il cestino WiSort, in grado di separare il rifiuto in quattro diverse frazioni (carta, plastica, vetro/alluminio e indifferenziato), per valutare gli impatti ambientali, tramite un’analisi di Life Cycle Assessment (LCA), ed economici lungo tutta la catena di gestione del rifiuto. I risultati mostrano come l’utilizzo di un sistema automatico possa determinare sia benefici di tipo ambientale (maggiori quantità effettivamente avviate a riciclo) che economico (riduzione dei costi di smaltimento e ottimizzazione delle attività di raccolta), a patto che sia garantito un livello di accuratezza di classificazione superiore all’80%.

Qui è possibile leggere la pubblicazione.

L’analisi del ciclo di vita applicata alla gestione dei rifiuti tessili

La presa di coscienza degli impatti ambientali dell’industria tessile e la diffusione di capi di abbigliamento la cui vita utile è sempre più breve sta portando, negli ultimi anni, a un certo fermento nel mondo dei tessili, dal punto di vista normativo (EU Strategy for sustainable and circular textiles), dal punto di vista delle aziende produttrici, e da parte dei soggetti che si occupano della gestione dei rifiuti. Anche per quanto riguarda questo settore, l’applicazione dell’analisi del ciclo di vita (LCA) fornisce utili indicazioni per valutare gli impatti di strategie di circolarità e di sistemi per la gestione dei rifiuti.

In questo contesto è stato pubblicato sulla rivista Waste Management un nostro articolo dal titolo Life cycle assessment applications to reuse, recycling and circular practices for textiles: A review.

Si tratta di una revisione sistematica della letteratura scientifica disponibile in merito a studi LCA applicati alla gestione di rifiuti tessili e a diverse strategie di economia circolare applicate a prodotti tessili.

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Gli articoli sono stati analizzati per rispondere a 5 domande di ricerca:

1) quali sono, dal punto di vista degli impatti ambientali, le migliori opzioni per gestire i flussi di rifiuti tessili su scala nazionale o regionale?

2) Qual è il contributo agli impatti ambientali della gestione della frazione di rifiuto tessile, se comparata alla gestione delle altre frazioni di rifiuti urbani?

3) Quali sono gli impatti ambientali legati ai processi di riciclo dei tessili?

4) Quale contributo nella riduzione degli impatti ambientali sul ciclo di vita di un prodotto tessile possono avere diverse pratiche di economia circolare (buone pratiche nella fase d’uso, condivisione, utilizzo di fibre riciclate, riciclo a fine vita)?

5) Quali sono le variabili che influenzano maggiormente i risultati delle analisi sul ciclo di vita?

L’analisi degli articoli ha dimostrato come le pratiche che allungano la vita utile dei prodotti tessili, unite ad una gestione del fine vita che segue la gerarchia dei rifiuti in un sistema integrato, portano a notevoli benefici in termini di potenziali impatti ambientali. Le variabili che influenzano i risultati sono, però, numerose.

Se vuoi saperne di più, trovi l’articolo completo qui.

Riciclo del vetro: un nuovo modello per valutare la perdita di qualità

É appena stato pubblicato sulla rivista scientifica Waste Management un articolo in cui viene proposto un modello in grado di valutare la sostituibilità tra i materiali vergini utilizzati nella produzione del vetro e i rottami di vetro riciclati (cullet).

Il vetro, spesso considerato riciclabile all’infinito, può in realtà subire una riduzione della qualità durante il processo di riciclo (downcycling). Questo fenomeno, causato da diversi fattori tra cui la presenza di impurità e la contaminazione del colore, limita l’utilizzo dei cullet nella produzione di nuovo vetro. Tuttavia, molte analisi di Life Cycle Assessment (LCA) svolte in questo settore trascurano la perdita di qualità dei cullet, assumendo un coefficiente di sostituzione uno-a-uno (1:1) con i materiali vergini e generando risultati poco rappresentativi della realtà.

Il presente studio intende colmare questa lacuna presente nella letteratura scientifica, proponendo una metodologia in grado di integrare il potenziale deterioramento della qualità del vetro durante il riciclo nella quantificazione della sostituibilità dei materiali vergini con i cullet. Una volta formulato, il modello è stato applicato a un caso studio per mostrare come l’inclusione del downcycling influenzi gli esiti di un’LCA. I risultati indicano che tra i cullet e i materiali vergini si ha una sostituzione effettiva dell’83 %, ridimensionando i reali benefici associati al riciclo del vetro. Ciò conferma l’importanza di includere il downcycling nelle analisi LCA, al fine di ottenere stime più accurate riguardo al risparmio di materie prime e agli impatti ambientali.

Qui è possibile leggere la pubblicazione.

I rifiuti e la Città Eterna

Anche se probabilmente in ambito internazionale si tende ancora ad associare Napoli e la Campania all’emergenza rifiuti in Italia, da tempo il vero hotspot è diventato la Regione Lazio, e la Città Eterna in particolare. Dopo la chiusura della mega-discarica di Malagrotta nel 2013, infatti, la Regione ha faticato a mettere in atto un sistema di gestione moderno e avanzato, finendo relegata tra quelle con i peggiori risultati in Italia. Di questo si parla nell’ultimo editoriale su Waste Management & Research, che prende spunto dalla recente esperienza dello Spazzatour 2024.

L’editoriale è disponibile ad accesso libero qua