Pubblicata su IDA, rigorosamente ad accesso libero, la descrizione dettagliata e l’analisi ambientale del processo alla base di Desarc-Maresanus, il nostro contributo al raggiungimento degli ambiziosi obiettivi dell’Accordo di Parigi. Ulteriori informazioni sul progetto, e più in generale sul tema delle emissioni negative, sono disponibili negli atti della Conferenza svolta a Febbraio al Politecnico.
La situazione legata all’evolversi dell’epidemia CoViD-19 è tutto sommato piuttosto semplice, nella sua complessità:
le filiere del riciclo degli imballaggi sono in forte sofferenza per via delle chiusure che hanno limitato fortemente molti processi produttivi che utilizzano materia prima secondaria. Conai ha lanciato l’allarme già a fine Marzo, con questo comunicato
il materiale più in crisi è ancora una volta la plastica, da tempo in una situazione di affanno cronico (si veda questo articolo scritto nel 2017, quindi ancor prima del China ban) a causa delle ben note difficoltà di riciclo della componente meno nobile (come ben descritto anche in questo articolo). Un materiale che, ancora oggi, necessita di sbocchi anche sul fronte del recupero di energia, allo scopo di scongiurare quantomeno il suo smaltimento in discarica
i destini a maggior valore aggiunto per il recupero di energia da scarti di selezione e plastiche miste (plasmix), costituiti dai cementifici, sono anch’essi fermi, mentre si registra una diminuzione della produzione di rifiuto residuo, che significa maggiore capacità di trattamento nei termovalorizzatori
Pertanto, se 2 + 2 fa 4, in questa congiuntura particolarmente problematica sarebbe cosa buona e giusta, laddove sono disponibili impianti di termovalorizzazione, allentare la pressione sulla raccolta differenziata degli imballaggi più difficilmente riciclabili, consentendo loro di raggiungere direttamente il trattamento attualmente più sicuro e allo stesso tempo di diminuire la pressione sulle filiere del riciclo, a partire dagli impianti di selezione. Lasciando loro solo il materiale ad alto valore aggiunto come bottiglie (PET) e flaconi (HDPE). Anche perché la richiesta di poter aumentare temporaneamente i volumi di stoccaggio lascia abbastanza inquieti, visti i precedenti e visto l’avvicinarsi della stagione estiva.
Il processo di incenerimento, dunque, in questa specifica congiuntura può essere paragonato alla “terapia intensiva” del sistema di gestione dei rifiuti.
Fino a qui il buon senso.
Ma per implementare questa strategia, seppure momentanea, bisognerebbe vincere una serie di resistenze. Dagli ambiziosi vincoli del pacchetto economia circolare UE, alla partita del Contributo ambientale sugli imballaggi, agli interessi dei gestori dei termovalorizzatori. Vincoli tutti legittimi, per carità, ma forse in una situazione come questa servirebbe una visione un po’ più ampia e pragmatica.
Questa nuova rivista, di cui Mario Grosso è Associate Editor, è stata fondata nel 2019 dalla Zhejiang University di Hangzhou (Cina). Pubblica articoli su vari temi tradizionali e avanzati relativi allo smaltimento dei rifiuti e alle nuove fonti di energia sostenibile.
La rivista fornisce una piattaforma di scambio non solo per la ricerca di base ma anche per quella industriale. In particolare allo scopo di:
Migliorare la nostra conoscenza dello smaltimento dei rifiuti e mette in evidenza nuovi approcci per la ricerca sullo smaltimento dei rifiuti e nuove tecnologie per il controllo dell’inquinamento
Presentare studi all’avanguardia sulla scienza dello smaltimento dei rifiuti e sulla strumentazione all’avanguardia per colmare il divario tra scienza di base e applicazioni industriali
Pubblicare metodi innovativi e tecnologie avanzate incentrate sul recupero e utilizzo sostenibile dell’energia e sulle valutazioni ambientali.
Il corso affronta il tema della gestione dei rifiuti solidi urbani con un approccio a 360 gradi, a partire dalla loro prevenzione e riutilizzo, passando per l’organizzazione dei sistemi di raccolta e approfondendo in particolare le attività di selezione, riciclo e recupero energetico. Si descrive il principio di funzionamento delle principali tecnologie (che può essere meccanico, biologico o termico) e degli impianti, accennando anche alle tecnologie di smaltimento finale in discarica controllata. A corollario, vengono forniti elementi di base relativi alle metodologie di valutazione della sostenibilità di diverse alternative di gestione dei rifiuti.
Il format è quello del corso online, che prevede la fornitura di materiale didattico (dispense), l’erogazione di webinar e la continua interazione con gli studenti mediante forum. Sono anche previsti dei momenti di valutazione e delle esercitazioni pratiche sul tema dei rifiuti.
Il documento tocca ancora il nervo scoperto delle carenze impiantistiche sul territorio nazionale, che non sempre consentono di avviare la totalità del rifiuto indifferenziato direttamente a trattamenti ad alta temperatura (incenerimento), senza manipolazioni intermedie. Laddove appunto tale modalità non fosse disponibile (e ricordiamo che non lo è per intere Regioni, come la Sicilia, la Liguria, le Marche, tanto per citarne alcune), l’indicazione è di avviare il rifiuto a impianti TMB, a condizione che dispongano di una componente biologica atta a garantire l’igienizzazione del rifiuto. Su questo si citano i processi di bioessiccazione e biostabilizzazione, che tuttavia si presentano molto differenti per quanto riguarda il reale effetto di igienizzazione. Ai sensi delle attuali norme tecniche, si considera igienizzato un materiale esposto per almeno 3 giorni a una temperatura superiore a 55°C; questo vincolo è cogente, oltre che particolarmente rilevante, per il processo di compostaggio, dove il destino finale del prodotto è l’utilizzo in agricoltura; mentre lo è meno per i processi biologici inseriti all’interno di impianti TMB, visto che il materiale prodotto viene poi avviato a trattamento termico o eventualmente in discarica.
Vi sono tuttavia da fare due ulteriori considerazioni. Innanzitutto bioessiccazione e biostabilizzazione, pur essendo processi concettualmente analoghi, si applicano a materiali molto diversi. Il primo infatti agisce sulla totalità del rifiuto indifferenziato, mentre il secondo solo sulla frazione organica “sporca”, ovvero separata meccanicamente dall’indifferenziato. Il vantaggio del trattamento della totalità del rifiuto (nella bioessiccazione) è tuttavia smorzato dal fatto che il processo non garantisce il raggiungimento di temperature particolarmente elevate, proprio perché solo parte del materiale risulta attivo nei confronti del processo biologico (la frazione organica, che non supera il 30% del totale, ma può essere anche sensibilmente inferiore). Viceversa, esattamente per gli stessi motivi la biostabilizzazione è probabilmente più efficace a livello di igienizzazione, ma è applicata solo a una parte del rifiuto. Il che significa che tutta la frazione secca non subisce alcun processo biologico.
Da ultimo il documento SNPA non può che constatare la necessità di ricorrere a forme di deposito temporaneo dei rifiuti presso gli impianti produttivi, oppure di messa in riserva e deposito preliminare, che tuttavia devono avvenire nel rispetto di una serie di condizioni finalizzate a scongiurare l’eventuale diffusione del virus. Questo senza dimenticare il rischio di incendi. E dunque la plastica diventa particolarmente critica, visto che oltre ad essere infiammabile risulta pure tra i materiali più “ospitali” per il CoViD-19, che vi può soggiornare anche per alcuni giorni.
E’ difficile trovare un ambito delle nostre vite che non sia toccato dall’attuale situazione emergenziale legata al nuovo coronavirus. I rifiuti non sono da meno, e pertanto sono giunte puntuali le raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità su come attuare comportamenti corretti in ambito domestico.
Indicazioni dell’ISS sulla gestione dei rifiuti durante l’emergenza Coronavirus
Oltre a questa chiara infografica alla portata di tutti, è stato prodotto un documento più approfondito, che analizza gli aspetti salienti della questione. Ne richiamiamo qua sotto alcuni, citando testualmente:
Al momento non è noto il tempo di sopravvivenza in un rifiuto domestico/urbano dei coronavirus in generale
limitatamente a quanto noto al momento attuale, si può ipotizzare che il virus SARS-CoV-2 si disattivi […] in un intervallo temporale che va da pochi minuti a un massimo di 9 giorni
altri coronavirus (es. virus SARS e MERS) non sopravvivono su carta in assenza di umidità, ma si ritrovano più a lungo su indumenti monouso (se a concentrazione elevata, per 24 ore), rispetto ad esempio al cotone
Si raccomanda quindi che:
nelle abitazioni in cui sono presenti soggetti positivi al tampone, in isolamento o in quarantena obbligatoria, sia interrotta la raccolta differenziata. Per la raccolta dovranno essere utilizzati almeno due sacchetti uno dentro l’altro o in numero maggiore in dipendenza della loro resistenza meccanica, possibilmente utilizzando un contenitore a pedale
nelle abitazioni in cui NON sono presenti soggetti positivi al tampone, in isolamento o in quarantena obbligatoria, si raccomanda di mantenere le procedure in vigore nel territorio di appartenenza, non interrompendo la raccolta differenziata. A scopo cautelativo fazzoletti o rotoli di carta, mascherine e guanti eventualmente utilizzati, dovranno essere smaltiti nei rifiuti indifferenziati. Inoltre dovranno essere utilizzati almeno due sacchetti uno dentro l’altro o in numero maggiore in dipendenza della resistenza meccanica dei sacchetti
Infine l’Istituto afferma che, ove siano presenti impianti di termodistruzione, per i rifiuti indifferenziati deve essere privilegiato l’incenerimento, al fine di minimizzare ogni manipolazione del rifiuto stesso.
Si possono effettuare alcuni commenti sul documento dell’ISS.
Il fatto che la disattivazione del virus possa necessitare fino a 9 giorni è un’indicazione tutt’altro che incoraggiante, e come tale deve essere da stimolo a non allentare la guardia circa tutte le misure di precauzione indicate dalle Autorità, non solo nell’ambito della gestione dei rifiuti.
Il richiamo alla verifica della resistenza dei sacchetti di raccolta dell’indifferenziato è decisamente ben posto, visto l’ampio ricorso a sacchetti in bioplastica, spesso di secondo utilizzo successivamente a quello per la spesa, durante il quale sono frequenti i danneggiamenti.
La raccomandazione di smaltire il rifiuto dalla propria abitazione quotidianamente con le procedure in vigore sul territorio (esporli fuori dalla propria porta negli appositi contenitori, o gettarli negli appositi cassonetti condominiali o di strada) può risultare molto problematica, soprattutto in virtù del dominante sistema di raccolta porta a porta che prevede ormai frequenze di raccolta settimanali o addirittura bimensili. Non risulta che i gestori delle raccolte abbiano previsto di intervenire su questo parametro, cosa che comporterebbe una pesante rivisitazione del sistema di raccolta in essere.
Infine, si richiama correttamente l’opportunità di ricorrere alla termodistruzione in luogo di trattamenti meccanici/biologici (anche indicati come trattamenti “a freddo”) per il rifiuto indifferenziato, chiarendo la profonda differenza che intercorre tra queste tipologie di trattamento, spesso ancora oggi descritte come alternative tra di loro.
Si è svolto a Milano il 30 Gennaio un convegno organizzato da EXSSA sul tema dei prodotti monouso.
Il convegno ha proposto l’analisi di tre casi differenti nel settore dei prodotti monouso per il food & beverage, commentati da esperti provenienti da industrie fornitrici di materie prime, di tecnologie e da responsabili finanziari. Scopo del convegno è stato fornire degli strumenti utili agli operatori economici per non subire, ma affrontare il cambiamento richiesto dall’economia circolare in termini di innovazione per non trovarsi inconsapevolmente ad adottare soluzioni non in linea con i dettami normativi.
Mario Grosso ha effettuato una presentazione di inquadramento degli aspetti legati al fine vita dei prodotti in plastica.
Il graphical abstract dell’articolo mostra lo schema di un possibile impianto di trattamento delle ceneri pesanti
Il recupero dalle scorie è un argomento di storico interesse per AWARE, che ha sempre evidenziato l’importante contributo di questo processo all’interno del paradigma dell’economia circolare (si veda ad esempio questo intervento). In tale contesto si inserisce la partecipazione alle attività della COST Action “MINEA” (Mining the European Antroposphere), le cui attività si sono concluse in questi giorni.
Tra i prodotti di questa attività di networking vi è la pubblicazione “Metal recovery from incineration bottom ash: State-of-the-art and recent developments” sul Journal of Hazardous Materials, disponibile in modalità open access, a cui hanno contribuito Mario Grosso e Laura Biganzoli. Il lavoro presenta una rassegna dello stato dell’arte del recupero dei metalli e delle più recenti tendenze, sia impiantistiche che strategiche.
Una nuova pubblicazione su Detritus è ora disponibile e riguarda il progetto di cooperazione che ci ha visti impegnati insieme ad un team di altri Dipartimenti del Politecnico. La favela di Rocinha rappresenta una buona sintesi di tutte le sfide che possono essere affrontate in questo campo: alta densità di popolazione, mancanza di spazio e strade strette, bassi redditi . A Rocinha la copertura dei servizi è carente e insoddisfacente in molti settori, tra cui quello dei rifiuti. In questo studio abbiamo indagato il motivo di questa inadeguatezza. Sono state utilizzate tutte le informazioni accessibili, che sono state processate con l’ausilio di sistemi di informazione geografica (GIS). In conclusione suggeriamo una sistema di gestione dei rifiuti decentralizzato su piccola scala, che complementi il sistema di raccolta centralizzata. Questo studio è parte del progetto Polimipararocinha del Politecnico di Milano, che persegue la riqualificazione urbana complessiva di Rocinha.
Si è svolto il 4 e 5 febbraio 2020 il convegno “La rimozione di CO2 dall’atmosfera e il progetto Desarc-Maresanus” presso il Politecnico di Milano.
Sono state presentate e discusse diverse tecnologie per la rimozione di CO2 atmosferica, oltre naturalmente ai risultati del progetto di ricerca DESARC-MARESANUS (www.desarc-maresanus.net). Nato dalla collaborazione fra il Politecnico di Milano e la Fondazione Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), con il supporto di Amundi e la collaborazione di CO2APPS, la ricerca ha valutato un processo per affrontare due problemi ambientali di grandissima rilevanza, l’aumento delle concentrazioni di biossido di carbonio (CO2) in atmosfera e la conseguente acidificazione degli oceani.