Al fine di
preservare un equilibrio sostenibile degli ecosistemi e del pianeta Terra in
generale, gli impatti ambientali causati dalle attività umane devono poter
essere identificati, quantificati e inclusi nelle pianificazioni e nei processi
decisionali. La monetizzazione è una pratica che consente di internalizzare
tali impatti e di esprimerli in valuta, cosicché indicatori di diversa natura siano
direttamente comparabili, più facilmente comprensibili anche ai non esperti e
includibili nei bilanci economici.
Nel lavoro di
tesi sono stati esaminati diversi articoli scientifici relativi agli approcci e
ai metodi di monetizzazione degli impatti ambientali, al fine di elaborare una
classificazione esaustiva degli stessi. Sono stati poi analizzati alcuni fra i
principali modelli di monetizzazione, ovvero degli insiemi operativi di fattori
di ponderazione monetaria, determinati con diversi approcci e metodi. Ne sono
state considerate le caratteristiche principali, soprattutto quelle relative al
campo di applicazione degli stessi.
Infine, si è considerato un caso di studio relativo ai rifiuti da costruzione e demolizione e in particolare alla procedura della demolizione selettiva degli edifici. Nello specifico, sono stati applicati quattro diversi insiemi di fattori di ponderazione agli indicatori di impatto determinati con un’analisi LCA, effettuata con i dati riguardanti alcuni impianti operanti la demolizione selettiva. Dal confronto dei risultati monetizzati con i quattro modelli selezionati è emersa l’importanza della compatibilità delle categorie di impatto e delle relative unità di misura fra il modello di caratterizzazione e il modello di monetizzazione, nonché lo scopo e l’ambito del modello monetizzazione. Queste sono le caratteristiche principali di cui tener conto nella scelta del modello di monetizzazione, nonché quelle rilevanti per gli sviluppi futuri di nuovi insiemi di fattori di ponderazione.
Questo mese si è concluso il progetto BeviMI, promosso da CICMA e cofinanziato da Fondazione Cariplo, che ha visto coinvolto il gruppo AWARE nello svolgimento di una ricerca interuniversitaria con due obiettivi principali:
indagare i comportamenti attualmente adottati dalla comunità universitaria in materia di acqua da bere e rifiuti plastici generati tramite un approccio citizen science;
analizzare l’impatto ambientale delle diverse filiere di approvvigionamento di acqua disponibili negli atenei milanesi tramite metodologia life cycle assessment (LCA);
CAMPAGNA DI SCIENZA PARTECIPATA
Per la raccolta dei dati sui comportamenti attualmente adottati dalla comunità universitaria in materia di acqua da bere e rifiuti plastici generati è stato predisposto un questionario qualitativo.
Il questionario è stato diffuso tra gli studenti, i docenti, i ricercatori, i dottorandi e il personale tecnico amministrativo delle Università milanesi Milano-Bicocca, Politecnico e Università degli Studi di Milano tramite gli Uffici di Sostenibilità dei tre atenei e grazie all’aiuto di alcune associazioni studentesche.
Figura 1. Indagine sulla modalità più frequente di rifornimento di acqua in università (questionario BeviMI)
In media il 77% dichiara di consumare prevalentemente in università acqua di rete, ritenendola una scelta sostenibile, comoda ed economica.
Dal questionario è inoltre emersa la richiesta di installare erogatori laddove non presenti e la necessità di effettuare campagne di sensibilizzazione, eventi o percorsi di approfondimento per abbattere falsi miti che frenano alcuni studenti dal bere acqua di rete (ad esempio per paura dello stato delle tubature, della presenza di calcare, e di uno scarso monitoraggio). Proprio in questa ottica, all’interno del progetto è stato svolto tra il 20 aprile e 18 maggio 2022 il ciclo di seminari Bbetween “Acqua: gestione e uso sostenibile” che ha visto il coinvolgimento del gestore del servizio idrico, di docenti, dei delegati alla sostenibilità degli atenei e di organizzazioni civiche (le registrazioni sono accessibili qui).
VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE
A conferma dell’effettiva sostenibilità della scelta di bere acqua di rete anziché acqua in bottiglia, è stato confrontato con applicazione della metodologia LCA l’acquisto di una bottiglia in PET da 0,5 litri (filiera 1) con il prelievo di 0,5 litri di acqua di rete tramite casa dell’acqua installata sul territorio e borraccia personale in alluminio (filiera 2).
Figura 2. Sistemi disponibili in università per l’approvvigionamento di acqua confrontati in un’ottica di quantificazione di impatto ambientale.
Nella filiera 1 sono state incluse le fasi di captazione dell’acqua, la produzione della bottiglia (corpo, tappo, etichetta) e degli imballaggi di vendita e trasporto, il trasporto del prodotto finito, la sua eventuale refrigerazione, il suo utilizzo e lo smaltimento di tutti gli imballaggi coinvolti nel processo.
Per la filiera 2 sono incluse invece le fasi di captazione, potabilizzazione e distribuzione dell’acqua, costruzione, uso e fine vita della casa dell’acqua, costruzione, lavaggio e fine vita della borraccia in alluminio.
Lo studio è stato condotto utilizzando il software SimaPro 9.3 e adottando il metodo proposto dalla commissione europea EF 3.0 basato su 16 categorie di impatto che quantificano gli effetti sull’ambiente (8 categorie), sulla salute umana (4 categorie) e sull’esaurimento di risorse (4 categorie), con l’intento di includere il più ampio spettro di problematiche potenzialmente causate da ciascuna filiera.
Figura 3. Categorie di impatto valutate nel metodo Environmental Footprint 3.0 proposto dalla Commissione Europea adottato nello studio LCA.
Dai risultati ottenuti è stato possibile affermare che, in accordo con le assunzioni fatte per le due filiere, consultabili nella ricerca completa (disponibile su www.contrattoacqua.it), la scelta di bere 0,5 litri di acqua di rete erogata dalla casa dell’acqua e raccolta tramite borraccia in alluminio è ambientalmente più vantaggiosa della scelta di acquistare acqua in bottiglie di PET da 0,5 litri per tutte le 16 categorie di impatto analizzate.
Figura 4.Confronto tra gli impatti delle due filiere per tutte e 16 le categorie di impatto analizzate.
Per quanto riguarda la filiera 1, si può poi affermare che le fasi che contribuiscono in misura maggiore agli impatti totali sono il ciclo di vita della bottiglia in PET e il trasporto della stessa dall’imbottigliatore al rivenditore; nella filiera 2 invece le fasi principalmente responsabili degli impatti totali sono il consumo di energia elettrica per il funzionamento della casa dell’acqua e il lavaggio della borraccia.
L’applicazione della metodologia LCA ha permesso di delineare inoltre le seguenti conclusioni:
• lo studio effettuato è uno strumento utile per le università per quantificare gli impatti di ateneo del consumo di acqua in PET e stimare la potenziale riduzione che si otterrebbe nel caso di un maggior ricorso all’uso di acqua di rete;
• la selezione dei fornitori di bottiglie in PET da parte degli atenei può essere fatta secondo criteri sviluppati in ottica di sostenibilità ambientale per minimizzare gli impatti di tale filiera (alcuni criteri emersi sono ad esempio la scelta di fornitori con distanza imbottigliatore-atenei minore, la scelta di bottiglie con una certa percentuale di granuli in PET riciclato…);
• lo studio sottolinea l’impatto non trascurabile dei consumi elettrici dei distributori automatici, elemento su cui sarebbe opportuno intervenire;
• relativamente all’acqua di rete è importante adottare piccoli accorgimenti (come limitare l’uso di acqua nel lavaggio della borraccia) per evitare di ridurre i notevoli effetti positivi generati dalla scelta di bere acqua di rete;
• un possibile sviluppo futuro emerso dallo studio è quello di effettuare un confronto specifico tra gli erogatori e le case dell’acqua, in modo da identificare se nei campus universitari sia più strategico da un punto di vista ambientale un modello diffuso (tanti erogatori di minori dimensioni), un modello concentrato (un’unica casa dell’acqua in luogo molto frequentato) o un modello ibrido.
Il 14/07/2022 si terrà il Webinar organizzato dal Gruppo di Lavoro della Rete italiana LCA DIRE -Development and Improvement of LCA methodology: Research and Exchange of experiences-.
LIFE CYCLE SUSTAINABILITY ASSESSMENT E SOCIAL LIFE CYCLE ASSESSMENT: SVILUPPI METODOLOGICI PER IMPLEMENTARE ANALISI DEGLI IMPATTI SOCIALI NELLA VALUTAZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ
Con la pubblicazione delle nuove linee guida UNEP 2020, la Social Life Cycle Assessment si è andata consolidando per garantire una prassi metodologica condivisa da utilizzare per gli studi di settore. La Life Cycle Sustainability Assessment, rimane inveceancora qualche passo indietro nella definizione di un procedimento standardizzato da portare avanti nell’applicazione. Una delle domande aperte è la necessità di individuare principi adeguati a definire metodi di aggregazione dei risultati che tengano conto della diversa natura delle analisi. I risultati individuati da analisi complete di S-LCA comprendono spesso dati di tipo qualitativo o semi-quantitativo e precludono quindi un’aggregazione numerica con risultati prettamente quantitativi. Allo scopo di garantire una visione olistica degli impatti di un prodotto o di un servizio sui tre pilastri della sostenibilità è necessario approfondire il legame tra le due metodologie.
FULL ENVIRONMENTAL LIFE CYCLE COSTING DELLA CATENA DI GESTIONE DEI RIFIUTI DA COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE
In questo studio viene presentata l’applicazione della Full Environmental Life Cycle Costing (feLCC) alla filiera di gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) in Lombardia (Nord Italia). La feLCC è una metodologia che oltre a esaminare tutti i costi interni associati al ciclo di vita del processo, direttamente sostenuti dai vari attori della catena di gestione (Enviromental LCC (eLCC)), allinea uno studio di Life Cycle Assessment (LCA) i cui risultati relativi agli impatti ambientali vengono monetizzati con il fine di ottenere i costi delle esternalità ambientali da integrare all’eLCC. L’analisi eLCC pone sotto esame il sistema che va dalla demolizione dell’edificio al riciclo dei rifiuti minerali inerti fino alla re-immisione nel mercato come aggregati riciclati. Le fasi dell’eLCC sono suddivise nella definizione di scopi ed obiettivi, l’analisi dell’inventario e l’interpretazione dei risultati. Tenendo in considerazione gli stessi confini del sistema, l’analisi LCA prevede la definizione degliobiettivi, l’analisi dell’inventario, l’analisi degli impatti ambientali, l’interpretazione dei risultati e, infine, la monetizzazione degli impatti risultanti.
Disponibile qui il programma e il link per accedere all’evento.
La calce è utilizzata in vari settori, tra cui i materiali da costruzione.
Partendo dalla letteratura scientifica disponibile, è stato possibile stimare le potenzialità di assorbimento di CO2 da parte di diversi tipi di materiali da costruzione: malte aeree, malte cementizie e legante in base calce con frammenti di fusti di canapa.
Il lavoro presentato alla conferenza internazionale “Material Science & Smart Materials – MSSM 2021” nell’agosto 2021 è ora disponibile gratuitamente al seguente link.
È disponibile l’articolo scientifico riguardo la disponibilità di materie prime per l’alcalinizzazione degli oceani, pubblicato sulla rivista Global Biogeochemical Cycles, nell’ambito del progetto Desarc-Maresanus. L’articolo risponde all’interrogativo essenziale per il progetto sopra citato sul fatto se ci siano o meno sufficienti risorse naturali per garantire l’abbattimento della CO2 atmosferica tramite un processo di alcalinizzazione oceanica artificiale. Nel testo si mettono a confronto le diverse materie prime utilizzabili a tale scopo e se ne indicano i vantaggi e gli svantaggi, valutando al contempo le riserve di questi materiali nelle zone costiere, nell’ottica di abbattere gli eventuali costi di trasporto. L’articolo si conclude con il riconoscimento del carbonato di calcio come miglior materia prima per l’alcalinizzazione, previa calcinazione, sia per i vantaggi sulle altre materie prime in termini di impatto ambientale, sia per la sua grande abbondanza.
L’articolo è disponibile ad accesso libero a questo link
È ormai chiaro che lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile sia fondamentale per ridurre le emissioni di gas serra che stanno causando il cambiamento climatico e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. L’energia eolica mostra grandi potenzialità di sviluppo, investendo, in particolare, nelle installazioni in mare così da poter sfruttare condizioni di ventosità migliori e allo stesso tempo ridurre l’impatto paesaggistico e la competizione con altri usi del suolo. Lo scopo del mio lavoro di tesi è stato condurre l’analisi del ciclo di vita di un impianto eolico offshore il cui progetto è attualmente sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale. Il parco eolico dovrebbe sorgere a 60 chilometri al largo della costa occidentale della Sicilia e grazie all’impiego di strutture galleggianti, ormeggiate al fondale, su cui installare gli aerogeneratori potrebbe essere localizzato in un’area dove la profondità del fondale raggiunge i 900 metri. I risultati mostrano che, per le categorie d’impatto analizzate, la fase di approvvigionamento delle materie prime per la piattaforma galleggiante e per la struttura della turbina forniscono i contributi maggiori. Ciononostante, i risultati dei cosiddetti indici di payback, rispetto ai 30 anni di vita utile delle turbine, fanno concludere che gli investimenti in termini di emissioni ed energia vengono ampiamente ripagati. Anche l’intensità carbonica stimata, pari a 31 g CO2eq/kWh, rientra nei range riscontrati in letteratura ed è confrontabile con i risultati di altre fonti rinnovabili come il solare. Gaia Brussa
Negli ultimi anni alcuni termovalorizzatori italiani hanno registrato un incremento della concentrazione di gas acidi (HCl, SO2 e HF) nei fumi di combustione e questo ha determinato un conseguente aumento della richiesta delle prestazioni di abbattimento. In diversi casi, queste nuove necessità sono state soddisfatte con l’aggiornamento delle tecnologie impiantistiche e con l’adozione di reagenti chimici sempre più evoluti e performanti. Nel lavoro di tesi sono state esaminate le prestazioni conseguite con l’utilizzo di idrossido di calcio ad elevata superficie specifica (Sorbacal® SP) in co-iniezione con bicarbonato di sodio nello stadio di abbattimento a secco del termovalorizzatore di Trezzo sull’Adda. I risultati ottenuti hanno evidenziato che le efficienze di abbattimento degli inquinanti acidi in presenza di Sorbacal® SP sono sempre superiori rispetto a quelle garantite con il solo bicarbonato di sodio. In particolare, sono state conseguite rese di abbattimento dell’ordine del 96-98% per l’acido cloridrico (HCl), del 65-80% per l’anidride solforosa (SO2) e del 98-99% per l’acido fluoridrico (HF). L’introduzione del nuovo sorbente ha permesso di ridurre anche il dosaggio di bicarbonato di sodio del 22-44% rispetto al normale esercizio. Per quanto riguarda la produzione delle ceneri leggere è stato osservato un leggero aumento in presenza di Sorbacal® SP, con una variazione dell’ordine del 2-7%. Fabrizio Columbro
Nonostante il ricorso alla discarica controllata sia stato progressivamente ridotto, numerose sono le discariche in gestione post-operativa presenti nel contesto italiano ed europeo, spesso associabili ad importanti oneri sui soggetti che ne hanno a carico la gestione. Il lavoro di tesi ha analizzato una discarica, situata nel Nord Italia, appartenente alla suddetta categoria, definendo possibili strategie per la riduzione di tali oneri: in particolare, viene evidenziato il contributo determinante dell’upgrade del sito a campo fotovoltaico, con evidenti vantaggi e benefici, sia di tipo economico che ambientale. Sono state, inoltre, ricercate le aree e le componenti impiantistiche critiche che concorrono alla produzione di percolato ed è stato calcolato il potenziale impatto che un eventuale impianto fotovoltaico avrebbe sul fenomeno. Queste analisi sono state condotte mediante l’utilizzo di una metodologia basata su elaborazioni GIS e modellistiche, che ha permesso di offrire un quadro più completo dell’impianto, stimando parametri non monitorati e ricostruendo la storia dello stesso. Riccardo Baecker
Nel progetto è stata applicata la metodologia LCA per analizzare le prestazioni ambientali dell’attuale sistema di gestione dei Rifiuti solidi urbani (RSU) implementato in Lombardia a partire dal 2009. Lo studio LCA, inserito come uno dei capitoli del PRGR, è stato utilizzato per la definizione degli scenari di gestione dei rifiuti del piano.
Nel progetto l’applicazione delle metodologie di LCA e LCC si sono rivelate utili per rivelare gli hotspot nell’attuale sistema di gestione dei rifiuti C&D in Lombardia. L’analisi ha consentito di individuare le soluzioni più efficaci per migliorarne la sostenibilità, quantificandone gli effetti sulle prestazioni ambientali, energetiche ed economiche dell’intero sistema.
Clicca qui per visualizzare il documento completo.
Questo il titolo dell’ultimo editoriale di Mario Grosso su Waste Management & Research, dove si prova a dare un’interpretazione dei sentimenti contrastanti suscitati dal materiale che più di ogni altro accompagna ogni momento della nostra vita. Sentimenti ben riassunti dalle due posizioni seguenti.
Una recente dichiarazione sulla plastica promossa da numerosi scienziati e basata sulla valutazione del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente sull’inquinamento da plastica. Si legge in particolare che “le attuali pratiche di produzione, progettazione, uso e smaltimento della plastica hanno gravi conseguenze negative per la salute dell’ecosistema, la biodiversità, la salute umana, inclusi fertilità e cancro, il clima, i mezzi di sussistenza sostenibili, la diversità culturale e quindi i diritti umani in tutto il mondo”.
Le affermazioni dell’industria della plastica, che sottolinea il ruolo cruciale di questo materiale nel migliorare la qualità della vita in molti campi diversi. L’ultimo rapporto di Plastics Europe recita: “oggi, la plastica offre numerosi vantaggi alla società. Aiuta a nutrire il mondo in modo sicuro e sostenibile; contribuisce a edifici e case più efficienti dal punto di vista energetico; consente un grande risparmio di carburante in tutti i mezzi di trasporto garantendo il passaggio a una mobilità verde e può persino salvarci la vita”.
L’editoriale è disponibile ad accesso aperto a questo link
Il progetto Arcadia, nato a settembre 2019, sviluppato e coordinato da ENEA, intende:
favorire l’approccio di ciclo di vita negli appalti pubblici e acquisti verdi e rafforzare le competenze delle Pubbliche Amministrazioni (PA) in questo ambito;
realizzare una banca dati italiana LCA (Life Cycle Assessment) relativa a 15 filiere nazionali quale strumento di supporto alle PA nella preparazione dei bandi di acquisto e nella valutazione delle offerte e come fonte di dati rappresentativi del contesto italiano per le aziende che intendano sviluppare studi di LCA dei loro prodotti e servizi.
L’analisi sui costi di filiera dei rifiuti C&D può, in particolare, supportare la PA nella redazione dei propri documenti di policy con l’obiettivo di massimizzare la circolarità e l’efficienza nell’uso delle risorse. Rappresenta, inoltre, uno strumento per la progettazione di un sistema regionale nel settore dell’edilizia attraverso l’individuazione di meccanismi incentivanti a supporto della demolizione selettiva e dell’utilizzo degli aggregati riciclati.
E’ ora disponibile il Libro bianco SSD – Smart Sustainable Districts, sviluppato nell’ambito di un progetto promosso dal Politecnico di Milano e coordinato dal Consorzio Poliedra, con l’obiettivo di individuare e suggerire orientamenti, azioni e strumenti per lo sviluppo sostenibile, la transizione ecologica, e il rafforzamento della resilienza dei sistemi territoriali e sociali attuabili alla scala locale. Il progetto ha visto il coinvolgimento di più di 100 ricercatori di vari dipartimenti dell’Ateneo e dei suoi Consorzi (il Sistema Polimi) con competenze tecnico-scientifiche ma anche umanistico-sociali, che a partire dalle criticità degli attuali ambienti urbani, impietosamente messe in luce dalla pandemia, e dagli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, dal Green Deal e dal piano NextGenerationEU, hanno messo a fuoco il concetto SSD – Smart Sustainable Districts – per definire linee guida pratiche per affrontare la transizione ecologica a livello locale e orientare le necessarie trasformazioni urbane ed i processi di rigenerazione urbana, in chiave smart e sostenibile. • smart sta a sottolineare l’adozione di approcci “intelligenti”, multidisciplinari, innovativi e flessibili, che sfruttino al meglio le risorse e le possibilità offerte dalle nuove tecnologie. • sostenibile, perché permetta di bilanciare le tre dimensioni ambientale, sociale ed economica, contribuendo a raggiungere e mantenere un’elevata qualità della vita, della salute e del benessere dell’ambiente e della comunità, la conservazione delle risorse naturali e, allo stesso tempo, creare opportunità sociali ed equità per le persone. Il lavoro affronta aspetti tecnico-scientifici ma anche umanistici e sociali, quali l’inclusione e integrazione sociale, la qualità dell’ambiente e del paesaggio, degli spazi pubblici e privati, la mobilità e l’energia, le economie locali e i modelli di business, la gestione e utilizzo dei dati con un approccio multidisciplinare che vede nell’integrazione e nel coordinamento sui vari temi il fattore chiave per guidare l’attuazione dei processi di trasformazione e rigenerazione urbana realmente smart e sostenibili e capaci di attivare sinergie e produrre effetti positivi cumulati. La dimensione locale investigata è inoltre quella che offre le migliori possibilità di attuazione, gestione amministrativa e monitoraggio delle azioni e dei loro effetti e pertanto contribuisce a rendere lo studio e le soluzioni proposte molto concrete.
Per AWARE ha contribuito al libro bianco Mario Grosso, insieme a Elena Sezenna del DICA, autrice di questo post.