Over the last few decades, there has been a growing understanding of the finite nature of phosphorus supplies and the significance of phosphorus recovery. Municipal wastewater sludge is a phosphorus source worth investigating since modern technology may transfer over 90% of phosphorus from the wastewater to the sludge fraction. Sewage sludge incineration is one of the most prevalent sludge management techniques, with benefits including volume reduction, eradication of pathogenic microbes and hazardous organic compounds, energy recovery, and production of valuable byproducts. On average, sewage sludge ash (SSA) has been reported to contain 11.6% P2O5 (a form and content comparable to P-rock ores). This thesis aims to examine and review existing technologies for recovering phosphorus from SSA, then provide an estimate of each method’s material and energy flows based on data available in the literature and provided by technology demonstrators. Furthermore, the different approaches regarding the Life Cycle Assessment (LCA) of the mentioned technologies and their environmental impacts in current literature are investigated.
È stato pubblicato sulla rivista Resources, Conservation and Recycling, in collaborazione con il Joint Research Centre di Ispra, lo studio riguardante l’analisi dei flussi di massa di plastiche nell’Unione Europea 27 (UE 27).
L’analisi è stata condotta attraverso la “Material Flow Analysis” (MFA), strumento che consente di analizzare i flussi di materia in input/output ai vari step di una filiera sotto esame. L’MFA è stato costruito combinando dati di letteratura e di statistiche ufficiali a livello UE, per un totale di 9 settori e 10 polimeri (per l’anno 2019). I settori esaminati ne includono alcuni comunemente studiati in letteratura (quali ad esempio il settore del packaging e quello dei trasporti) e altri ad oggi meno analizzati (quali ad esempio quello del settore sanitario e del fishing). Per ciascun settore, lo studio ha incluso anche specifici flussi particolarmente rilevanti per la comunità scientifica (quali ad esempio quelli legati alle perdite di plastiche in ambiente marino e terrestre lungo la filiera) e così come dei flussi ad oggi “ignoti” (quali i flussi di plastiche mismanaged – vale a dire per esempio flussi gestiti in maniera illegale).
I risultati delle analisi hanno sottolineato la rilevanza del settore packaging, sia per quanto riguarda la plastica consumata (33% su un totale di 44,7 Mt), sia per quanto riguarda il suo contributo (70%) al totale della plastica inviata a riciclo. Il totale delle plastiche riciclate annue consumate nella produzione di nuovi prodotti plastici ammonta a 4,46 Mt, a fronte di 28,8 Mt di rifiuto generate. Di quest’ultima quantità, ben il 13% è attualmente mismanaged, con particolare rilevanza nel caso del settore dei trasporti o delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Guardando alla filiera nella sua interezza, più di 2 Mt di plastiche vengono perse ogni anno, specialmente durante la fase d’uso.
Al fine di valutare in che modo il totale di plastiche riciclate e consumate per nuovi prodotti possa aumentare nel prossimo futuro, nello studio vengono analizzati un set di scenari semplificati. Questi scenari si ispirano ai target proposti nelle numerose policy europee che sono nate nei recenti anni ed aventi come scopo il settore delle plastiche. I risultati sono stati confrontati con il target UE di 10 Mt di plastica riciclata consumata per nuovi prodotti nell’anno 2025 (avvallato dalla Circular Plastics Alliance). Lo studio dimostra come solo più azioni combinate possono consentire di raggiungere il suddetto target, specialmente qualora miglioramenti nella fase di raccolta dei rifiuti fossero combinati con riduzioni di export e di flussi mismanaged. Solo attraverso strutture di monitoraggio dei flussi e una loro puntuale analisi si possono individuare potenziali non sfruttati nella filiera di importanza strategica in vista degli ambiziosi target UE.
Per la mattina del 28 giugno abbiamo organizzato assieme a Conai l’evento “Economia circolare & packaging. Quali prospettive per i Green Jobs”. L’evento si è tenuto al Politecnico di Milano in aula Rogers ed è stata l’occasione per discutere di strumenti per l’ecodesign e LCA degli imballaggi, ma anche di green skills e di nuove professioni legate alla sostenibilità.
In questo nuovo articolo di discussione pubblicato sulla rivista internazionale Waste Management e preparato da Ciprian Cimpan (University of Southern Denmark), Eleni Iacovidou (Brunel University London), Lucia Rigamonti e Eggo U. Thoden van Velzen (Wageningen University & Research) si ricorda che circolarità non è necessariamente sinonimo di sostenibilità.
La circolarità è diventato un concetto consolidato nel dibattito pubblico ma rimane ancora una nozione ampia che necessita di una definizione precisa, che vada oltre l’uso di metriche e indicatori quali i tassi di raccolta e i tassi di riciclo. La circolarità misurata con tali indicatori non riesce a catturare la complessità del sistema e gli effetti più ampi, compresi i cosiddetti “rebound effects” che possono annullare o addirittura ribaltare i benefici ambientali.
Nell’articolo viene proposto un nuovo approccio per misurare la circolarità ossia una scorecard di circolarità incentrata sul prodotto che coglie gli aspetti che possono dimostrare la sostenibilità ambientale di un prodotto. Si basa su 7 semplici domande che coprono il ciclo di vita di un prodotto: produzione, utilizzo e fine vita. Questo approccio di “buon senso” ricorda la gerarchia dei rifiuti con un semplice ordine di priorità che vale nella maggior parte dei casi.
In conclusione, gli autori ricordano che è di fondamentale importanza non perdere di vista gli effettivi obiettivi dell’economia circolare. In un momento in cui la Direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti d’imballaggio è in fase di revisione e in cui la comunità imprenditoriale si sta impegnando a raggiungere obiettivi ambiziosi per aumentare la circolarità dei propri prodotti, è fondamentale una circolarità che promuova la sostenibilità.
Nel 1993, nelle Guidelines for Life-Cycle Assessment: A “Code of Practice” della Society of Environmental Toxicology and Chemistry (SETAC), viene definita per la prima volta la struttura della metodologia Life Cycle Assessment (LCA).
A trent’anni dalla nascita, la valutazione del ciclo di vita LCA ha conosciuto ampi sviluppi di tipo metodologico e notevole espansione in diversi ambiti applicativi, sia nel contesto politico sia nel contesto industriale. Le politiche costituiscono un forte traino alla diffusione dell’approccio Life Cycle Thinking (LCT) e della metodologia LCA, ormai richiamata pervasivamente all’interno dei documenti di indirizzo e nei programmi per la transizione ecologica sia europei sia nazionali. Allo stesso tempo, il mercato riconosce sempre di più il ruolo della metodologia LCA quale strumento scientifico a supporto dei processi decisionali, di certificazione e di marketing ambientale, onde evitare fenomeni di greenwashing. La metodologia LCA dimostra inoltre la flessibilità di essere applicata in diversi settori e a diverse scale (dal prodotto al territorio).
Il Convegno della Rete Italiana LCA del 2023 vuole essere un momento di riflessione sui traguardi raggiunti, tramite le evoluzioni metodologiche sviluppate e le esperienze applicative in grado di garantire una vera e sostanziale rivoluzione verde a livello nazionale ed internazionale.
Il gruppo AWARE, in particolare con Camilla Tua e Lucia Rigamonti, partecipa all’organizzazione del Convegno.
Si ricorda che la scadenza per l’invio di un contributo è oramai prossima essendo il 31 marzo!
Sul sito del Convegno trovate tutte le informazioni necessarie per l’invio del contributo.
Dal 30 aprile al 4 maggio si terrà a Dublino il 33° Meeting annuale della Society of Environmental Toxicology and Chemistry (SETAC). Questo evento rappresenta un’importante occasione d’incontro per esperti del mondo accademico, dell’industria e del governo, devoti ai temi della protezione e ripristino ambientale. Il Meeting si propone come strumento per supportare la transizione ad una economia rinnovabile e sostenibile, e per facilitare processi decisionali e politici basati su dati scientifici.
Saremo presenti all’evento presiedendo una sessione dedicata alla riduzione degli impatti ambientali del settore delle plastiche. In questo settore, gli attuali strumenti di gestione dei prodotti e dei flussi in gioco non consentono di evitare severi danni ambientali, in particolare legati alle perdite di microplastiche in ambiente. In questa sessione, esperti della catena di valore del settore delle plastiche esporranno come approcci basati sull’Analisi dei Flussi di Materia (MFA) possano essere combinati con la Valutazione del Ciclo di Vita (LCA), al fine di raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei sulla circolarità del settore delle plastiche. I principali flussi del settore verranno analizzati nel dettaglio, ponendo particolare attenzione ad aspetti poco esplorati quali i flussi di plastiche mal gestiti o persi in ambiente (si veda ad esempio il recente report del Joint Research Centre di Ispra dedicato all’Analisi dei Flussi di Materia in Europa). Durante l’incontro si discuteranno anche i possibili effetti tossicologici dovuti alla presenza di additivi nei prodotti di plastica e i possibili vantaggi legati a un design sostenibile e alle innovative pratiche di gestione del fine vita di questi prodotti.
Per ulteriori dettagli sulle altre sessioni del Meeting SETAC, si rimanda al sito ufficiale dell’evento.
Al fine di
preservare un equilibrio sostenibile degli ecosistemi e del pianeta Terra in
generale, gli impatti ambientali causati dalle attività umane devono poter
essere identificati, quantificati e inclusi nelle pianificazioni e nei processi
decisionali. La monetizzazione è una pratica che consente di internalizzare
tali impatti e di esprimerli in valuta, cosicché indicatori di diversa natura siano
direttamente comparabili, più facilmente comprensibili anche ai non esperti e
includibili nei bilanci economici.
Nel lavoro di
tesi sono stati esaminati diversi articoli scientifici relativi agli approcci e
ai metodi di monetizzazione degli impatti ambientali, al fine di elaborare una
classificazione esaustiva degli stessi. Sono stati poi analizzati alcuni fra i
principali modelli di monetizzazione, ovvero degli insiemi operativi di fattori
di ponderazione monetaria, determinati con diversi approcci e metodi. Ne sono
state considerate le caratteristiche principali, soprattutto quelle relative al
campo di applicazione degli stessi.
Infine, si è considerato un caso di studio relativo ai rifiuti da costruzione e demolizione e in particolare alla procedura della demolizione selettiva degli edifici. Nello specifico, sono stati applicati quattro diversi insiemi di fattori di ponderazione agli indicatori di impatto determinati con un’analisi LCA, effettuata con i dati riguardanti alcuni impianti operanti la demolizione selettiva. Dal confronto dei risultati monetizzati con i quattro modelli selezionati è emersa l’importanza della compatibilità delle categorie di impatto e delle relative unità di misura fra il modello di caratterizzazione e il modello di monetizzazione, nonché lo scopo e l’ambito del modello monetizzazione. Queste sono le caratteristiche principali di cui tener conto nella scelta del modello di monetizzazione, nonché quelle rilevanti per gli sviluppi futuri di nuovi insiemi di fattori di ponderazione.
È ora disponibile una pubblicazione relativa alla valutazione di LCA condotta nell’ambito del progetto europeo FReSMe. In particolare, l’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare gli impatti ambientali di una nuova tecnologia grazie alla quale i gas di processo di un’acciaieria sono utilizzati per produrre sia metanolo che elettricità. Lo studio ha dimostrato l’importanza di condurre una valutazione LCA fin dall’inizio del processo di sviluppo di una tecnologia: l’LCA può infatti guidare lo sviluppo tecnologico formulando raccomandazioni basate sulla quantificazione delle prestazioni ambientali delle diverse configurazioni possibili.
È ora disponibile una nuova pubblicazione relativamente allo stato dell’arte dell’applicazione della metodologia LCA (Life Cycle Assessment) alla lavorazione dei metalli, con un focus specifico sul ruolo della flottazione. Sviluppata all’interno del progetto H2020 FineFuture, è frutto della collaborazione tra il gruppo di ricerca AWARE e l’Imperial College London, nella persona di Pablo Brito‑Parada. Lo studio ha messo in luce come il processo di flottazione sia tipicamente trascurato negli studi LCA nonostante la sua crescente rilevanza. Più in generale, la fase di arricchimento non viene dettagliata nei suoi sottoprocessi ed è spesso descritta utilizzando dati secondari ed obsoleti: ciò influenza negativamente la valutazione ambientale dell’intero settore metalmeccanico e minerario, e quindi l’LCA di molti prodotti.
La pubblicazione è disponibile qui o come pdf qui.
Questa è una delle domande che hanno ispirato il discussion paper “Life cycle assessment and circularity indicators” recentemente pubblicato nella rivista internazionale The International Journal of Life Cycle Assessment. Altra tematica affrontata nell’articolo è il legame esistente tra LCA e indicatori di circolarità. Questi ultimi vengono sempre più utilizzati per scegliere tra diversi scenari all’interno del contesto dell’economia circolare: ma una scelta basata solo su tali indicatori assicura che lo scenario scelto oltre ad essere il più circolare sia anche ambientalmente sostenibile?