Soluzioni per stoccare CO2 sono indispensabili al fine di limitare gli impatti del riscaldamento globale evitando un innalzamento della temperatura media globale superiore ai 2°C.
Le motivazioni, opportunità e metodi per il sequestro di CO2 in acque marine, che è oggetto di studio al Politecnico di Milano e all’Università di Milano Bicocca, sono stati presentati a Milano i giorni 8 e 9 maggio in occasione dell’evento divulgativo “Oceano AmiCO2”.
All’evento sono stati mostrati i risultati del progetto di ricerca Desarc-Maresanus e della nuova tecnologia per produrre idrossido di calcio decarbonizzato Limenet. L’agenda dell’evento e gli abstract degli interventi sono riportati qui in basso.
Il 20 marzo è stata pubblicata la sintesi del sesto Assessment Report dell’IPCC, dove viene evidenziato come la riduzione urgente delle emissioni di gas climalteranti fino a raggiungere emissioni nette negative sia imprescindibile al fine di limitare il riscaldamento globale e i rispettivi impatti.
Per ottenere emissioni negative sono indispensabili processi di rimozione di CO2 dall’atmosfera, alcuni dei quali comprendono tecnologie per lo stoccaggio della CO2. In alternativa al metodo principale di stoccaggio in formazioni geologiche sotterranee, la tecnologia Buffered Accelerated Weathering of Limestone (BAWL), oggetto di studio al Politecnico di Milano, immagazzina la CO2 sottoforma di ioni bicarbonato in soluzione di acqua di mare. Il conseguente cambio di pH è bilanciato dall’aggiunta di carbonato di calcio e idrossido di calcio.
In un precedente studio (disponibile gratuitamente a questo link) sono stati analizzati i processi chimici della tecnologia BAWL, mentre in questa nuova pubblicazione disponibile a questo link vengono presentati i risultati della valutazione tecnico-economica di diverse configurazione della tecnologia BAWL.
La calce è un prodotto versatile dalle numerose applicazioni in vari settori industriali. Tuttavia la sua produzione genera emissioni di CO2 non solo a causa dell’eventuale utilizzo di combustibili fossili, ma anche e soprattutto per l’essenza del processo stesso, che richiede la decarbonatazione del carbonato di calcio di cui sono composte le rocce calcaree.
Le emissioni di CO2 di origine fossile e degli altri gas serra contribuiscono all’aumento delle concentrazioni atmosferiche di questi gas che intrappolando energia causano l’incremento delle temperature globali. Questo incremento sarebbe maggiore se non ci fossero gli oceani che assorbono circa un quarto delle emissioni e immagazzinano circa il 90% dell’energia in eccesso dovuto all’aumento delle concentrazioni atmosferiche dei gas serra.
Questo “favore” che otteniamo dagli oceani ha però degli effetti collaterali, tra i quali un inevitabile aumento delle temperature oceaniche (di circa 0,88°C rispetto al 1850) e un’eccezionale acidificazione, ovvero la riduzione del pH, rispetto agli ultimi 2 milioni di anni. Una delle conseguenze più note è il fenomeno dello sbiancamento dei coralli, la cui struttura è composta prevalentemente da carbonato di calcio, che ne mette a rischio la sopravvivenza. Gli impatti del riscaldamento e della acidificazione degli oceani sugli ecosistemi marini sono ingenti e conseguentemente anche sulla popolazione la cui economia e sussistenza dipendono dall’oceano. Questi impatti sono destinati ad aumentare se non si interviene.
Gli scenari climatici globali mostrano come sia necessaria un’immediata e drastica riduzione delle emissioni globali di gas serra, fino ad azzerarle al 2050 per traguardare un mondo dove l’aumento delle temperature sia contenuto al di sotto dei 2°C. In aggiunta a questa rapida e forte riduzione delle emissioni, gli stessi scenari indicano che l’assorbimento di CO2 dall’atmosfera tramite dei processi come l’attività fotosintetica svolta dalle piante sono essenziali per raggiungere questi obiettivi di stabilizzazione della temperatura.
Dato che la superficie terrestre è limitata e destinata anche ad altre attività come la produzione di cibo, altri processi di rimozione di CO2 dall’atmosfera sono da investigare, inclusi quelli che coinvolgono gli oceani. Tra questi processi oceanici di rimozione di CO2 c’è l’aumento di alcalinità tramite la dissoluzione nell’acqua di mare, in condizioni controllate, di materiali basici quali la calce. Questo processo avrebbe come ulteriore beneficio sulla scala locale il contrasto all’acidificazione dell’oceano.
La rimozione di CO2 atmosferica tramite la dissoluzione di materiali alcalini in acqua di mare accadrebbe naturalmente, ma sulla scala di centinaia di migliaia di anni e ristabilirebbe un nuovo equilibrio del ciclo di carbonio tra atmosfera, oceano e terre emerse, ora pesantemente sbilanciato dalle emissioni antropogeniche. Il processo naturale in questione è il dilavamento delle rocce ad opera delle acque meteoriche ricche di CO2 disciolta dall’atmosfera, che quindi viene convogliata verso gli oceani e lì immagazzinata nella forma stabile di ioni bicarbonato.
Nell’ambito del progetto di ricerca Desarc-Maresanus, il gruppo di ricerca AWARE al Politecnico di Milano sta studiando da anni vari aspetti del processo di aumento dell’alcalinità dell’oceano, con particolare riferimento all’analisi dei potenziali impatti ambientali tramite la metodologia LCA. In questo modo la calce, se prodotta ad emissioni zero, passerebbe dall’essere una delle cause degli impatti che subisce l’oceano ad un elemento che può contribuire alla mitigazione del problema.
La calce è utilizzata in vari settori, tra cui i materiali da costruzione.
Partendo dalla letteratura scientifica disponibile, è stato possibile stimare le potenzialità di assorbimento di CO2 da parte di diversi tipi di materiali da costruzione: malte aeree, malte cementizie e legante in base calce con frammenti di fusti di canapa.
Il lavoro presentato alla conferenza internazionale “Material Science & Smart Materials – MSSM 2021” nell’agosto 2021 è ora disponibile gratuitamente al seguente link.
La rivista scientifica Frontiers in Climate ha pubblicato un ebook sul tema di ricerca: il ruolo delle tecnologie ad emissioni negative basate sugli oceani per la mitigazione dei cambiamenti climatici. Nell’ebook sono raccolte le pubblicazioni che analizzano vari aspetti delle tecnologie ad emissioni negative applicate agli oceani.
Gli studi raccolti rispondono
all’urgenza di sviluppare tecnologie per la rimozione di CO2
dall’atmosfera che insieme all’immediata e forte riduzione delle emissioni di
gas ad effetto serra sono necessari per evitare impatti più intensi dei
cambiamenti climatici. A partire anche da questi risultati, ulteriore ricerca
sul tema è in corso considerate le dimensioni del problema e del contributo che
gli oceani possono dare alla soluzione, benchè subiscano già attualmente gli
effetti come l’acidificazione degli oceani.
Tra le pubblicazioni ci sono anche i due studi del progetto di ricerca Desarc-Maresanus che sono stati pubblicati sulla rivista Frontiers in Climate (disponibili qui e qui). L’ebook è disponibile gratuitamente sia in formato pdf sia epub al seguente link.
Gli scenari di emissioni di gas serra con innalzamento delle
temperature globali limitato a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali
mostrano che le tecnologie di stoccaggio di CO2 sono indispensabili per
conseguire la decarbonizzazione.
Data la disomogenea distribuzione geografica di formazioni
geologiche sotterranee adatte allo stoccaggio di CO2, è quindi utile
studiare metodi alternativi per lo stoccaggio. Uno di questi è BAWL (Buffered
Accelerated Weathering of Limestone), un’evoluzione della tecnologia AWL già
proposta da Rau e Caldeira nel 1999. Il processo alla base consiste
nell’accelerazione del dilavamento delle rocce calcaree, un meccanismo che
accade in natura con tempi dell’ordine dei millenni. La tecnologia BAWL propone
di efficientare il processo AWL facendo reagire minori quantità di acqua di
mare con CO2, carbonato di calcio (CaCO3) ed idrossido di
calcio (Ca(OH)2). La reazione avviene lungo una condotta sottomarina
alla fine della quale la CO2 sottoforma di bicarbonati è stoccata in
maniera permanente a condizioni di pH simili a quelle del mare.
I risultati dell’analisi dei processi chimici che stanno alla base della tecnologia sono presentati nell’articolo disponibile gratuitamente al seguente link .
A questa domanda e ad altre domande sul tema cambiamenti climatici si dà risposta nella video intervista disponibile al seguente link.
Il video fa parte dell’iniziativa DICA GREEN CORNER del Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale del Politecnico di Milano per presentare le attività di ricerca del Dipartimento sul tema cambiamenti climatici in occasione della COP26, la XXVI Conferenza delle Parti dell’UNFCCC dal 31 ottobre al 12 novembre a Glasgow.
Nel video viene anche presentato lo stato di sviluppo della tecnologia per rimuovere CO2 dall’atmosfera tramite l’alcalinizzazione degli oceani studiata nel progetto di ricerca Desarc-Maresanus.
La calce è un prodotto che viene utilizzato in diversi settori: nei materiali
da costruzione, nell’ingegneria civile, nel trattamento dei flussi inquinati (emissioni
gassose, fanghi da depurazione), nell’industria chimica, nei processi
metallurgici (ferrosi e non ferrosi), in agricoltura. Durante la calcinazione
del calcare, ovvero il processo di produzione della calce, viene emessa CO2
da due fonti: l’uso di combustibili fossili e la decomposizione ad elevate
temperature del carbonato di calcio (CaCO3). Successivamente la
calce è in grado di assorbire una certa quantità di CO2 dall’atmosfera,
variabile in funzione dell’utilizzo specifico.
Nel lavoro finanziato da EuLA (European Lime Association) si è valutato,
mediante un’estesa analisi di letteratura, il potenziale di assorbimento della CO2
atmosferica attraverso il processo di carbonatazione durante la fase di
utilizzo della calce sia nella forma “viva” (ossido di calcio, CaO) sia nella
forma “spenta” (idrossido di calcio Ca(OH)2). Per le applicazioni
considerate si è analizzata la letteratura scientifica attualmente disponibile,
allo scopo di individuare l’effettivo potenziale di carbonatazione durante la
vita dei prodotti, così da valutare in maniera più completa il reale impatto
dell’industria della calce sul rilascio atmosferico di biossido di carbonio. Dallo studio risulta che circa il 23-33% della calce utilizzata nel mercato
UE carbonata, riassorbendo in questo modo una quota parte della CO2
emessa durante la calcinazione.
Il lavoro è disponibile in modalità open access al seguente link .
Il rapporto completo è invece disponibile al seguente link .
Sulla rivista Frontiers in Climate sono stati pubblicati due studi svolti nell’ambito del progetto di ricerca Desarc-Maresanus nato dalla collaborazione tra il Politecnico di Milano e la Fondazione Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), con il supporto finanziario di Amundi e quello tecnico di CO2APPS.
Il primo studio analizza
l’efficacia di rimozione della CO2 e del contrasto
all’acidificazione nel bacino del Mar Mediterraneo mediante il processo di
ocean liming, che consiste nello spargimento in mare di idrossido di calcio
(calce idrata). Due scenari di spargimento sono stati valutati utilizzando un
modello fisico-biogeochimico con i dati delle attuali rotte di navigazione. Il
primo scenario è caratterizzato da un costante spargimento di idrossido di
calcio in mare, complessivamente pari a 200 Mt all’anno, mentre il secondo
scenario è contraddistinto da livelli di alcalinizzazione crescenti proporzionalmente
alla riduzione del pH nello scenario di riferimento RCP 4.5. I risultati delle
simulazioni modellistiche mostrano che dopo 30 anni di alcalinizzazione il
tasso di assorbimento di CO2 del Mar Mediterraneo è quasi
raddoppiato e la tendenza media all’acidificazione superficiale è neutralizzata
rispetto allo scenario di riferimento senza alcalinizzazione. Maggiori
informazioni sono disponibili nell’articolo al seguente
link.
Nel secondo studio è stato
stimato sia a livello globale sia a livello del bacino del Mar Mediterraneo il
potenziale di spargimento di idrossido di calcio e la rimozione di CO2
in atmosfera sfruttando l’attuale traffico marittimo. È inoltre mostrato un
alto potenziale di dispersione della calce in mare attraverso un modello
fluidodinamico. L’articolo è disponibile al seguente
link.
È stato pubblicato sul terzo numero del 2020 della rivista Ingegneria dell’Ambiente un articolo riguardante l’analisi dei dati del traffico marittimo nel Mar Mediterraneo, per la stima delle emissioni di CO2 delle navi e del potenziale di alcalinizzazione del mare. Sono stati elaborati i dati relativi al traffico marittimo nel 2017 provenienti dal database di EMODnet (European Marine Observation and Data Network) Human Activities, che fornisce la densità (ore/mese) di presenza delle navi nel bacino del Mar Mediterraneo.
L’elaborazione ha permesso di
determinare il numero di ore di navigazione effettivamente utilizzabili per lo
scarico di calce idrata al fine di aumentare l’alcalinità e conseguentemente l’assorbimento
di CO2 da parte del mare. Sono state altresì stimate le emissioni di
CO, NOx, SOx, PM e NMVOC dal trasporto marittimo.