La situazione legata all’evolversi dell’epidemia CoViD-19 è tutto sommato piuttosto semplice, nella sua complessità:
- le filiere del riciclo degli imballaggi sono in forte sofferenza per via delle chiusure che hanno limitato fortemente molti processi produttivi che utilizzano materia prima secondaria. Conai ha lanciato l’allarme già a fine Marzo, con questo comunicato
- il materiale più in crisi è ancora una volta la plastica, da tempo in una situazione di affanno cronico (si veda questo articolo scritto nel 2017, quindi ancor prima del China ban) a causa delle ben note difficoltà di riciclo della componente meno nobile (come ben descritto anche in questo articolo). Un materiale che, ancora oggi, necessita di sbocchi anche sul fronte del recupero di energia, allo scopo di scongiurare quantomeno il suo smaltimento in discarica
- i destini a maggior valore aggiunto per il recupero di energia da scarti di selezione e plastiche miste (plasmix), costituiti dai cementifici, sono anch’essi fermi, mentre si registra una diminuzione della produzione di rifiuto residuo, che significa maggiore capacità di trattamento nei termovalorizzatori
Pertanto, se 2 + 2 fa 4, in questa congiuntura particolarmente problematica sarebbe cosa buona e giusta, laddove sono disponibili impianti di termovalorizzazione, allentare la pressione sulla raccolta differenziata degli imballaggi più difficilmente riciclabili, consentendo loro di raggiungere direttamente il trattamento attualmente più sicuro e allo stesso tempo di diminuire la pressione sulle filiere del riciclo, a partire dagli impianti di selezione. Lasciando loro solo il materiale ad alto valore aggiunto come bottiglie (PET) e flaconi (HDPE). Anche perché la richiesta di poter aumentare temporaneamente i volumi di stoccaggio lascia abbastanza inquieti, visti i precedenti e visto l’avvicinarsi della stagione estiva.
Il processo di incenerimento, dunque, in questa specifica congiuntura può essere paragonato alla “terapia intensiva” del sistema di gestione dei rifiuti.
Fino a qui il buon senso.
Ma per implementare questa strategia, seppure momentanea, bisognerebbe vincere una serie di resistenze. Dagli ambiziosi vincoli del pacchetto economia circolare UE, alla partita del Contributo ambientale sugli imballaggi, agli interessi dei gestori dei termovalorizzatori. Vincoli tutti legittimi, per carità, ma forse in una situazione come questa servirebbe una visione un po’ più ampia e pragmatica.