Un concentrato di pubblicazioni sulla rivista Ingegneria dell’Ambiente

Siamo felici di comunicarvi che il terzo volume di quest’anno della rivista Ingegneria dell’Ambiente è ricco di contributi del gruppo AWARE!

Troviamo un articolo di Giulia Cavenago, Mario Grosso e Lucia Rigamonti sulle fasi opzionali di normalizzazione e pesatura nella metodologia Life Cycle Assessment (LCA) e un articolo di Valeria Venturelli, Giovanni Dolci, Arianna Catenacci, Francesca Malpei e Mario Grosso sulla degradazione anaerobica di sacchetti in carta e in bioplastica per la raccolta del rifiuto alimentare.

Il primo articolo, trattando un argomento di estrema attualità, cerca di porre luce su alcune fasi a oggi opzionali della metodologia LCA partendo da un’analisi dello stato dell’arte e passando per le modalità d’uso di queste fasi proposte dal Joint Research Centre della Commissione Europea che si occupa di LCA.

Secondo la norma ISO 14044, standard tecnico che fornisce requisiti e linee guida su come condurre uno studio LCA, queste due fasi non sono obbligatorie, pertanto spesso gli studi si fermano alla fase precedente, quella di caratterizzazione degli impatti. Tuttavia, da una ricerca condotta nel 2015 nel contesto della Life Cycle Initiative, un’iniziativa congiunta del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e della Società di tossicologia e chimica ambientale (SETAC), è emerso che, seppur ritenuto complicato e ancora poco robusto utilizzarle, entrambe le fasi vengano considerate rilevanti ai fini decisionali. Aggregare i risultati normalizzati e pesati, fornendo un unico punteggio indice dell’impatto ambientale complessivo del prodotto, è infatti d’aiuto per il decisore per il quale l’interpretazione delle molteplici informazioni ambientali può risultare complessa. Infine, nell’articolo sono riportati i risultati dell’indagine condotta sull’utilizzo attuale di queste fasi opzionali negli studi LCA pubblicati su alcune note riviste scientifiche. Il campione è stato ristretto a studi LCA applicati ai rifiuti, relativi al biennio 2019-2020.

Potete trovare qui l’articolo completo.

Il secondo articolo analizza i risultati di prove di degradazione anaerobica effettuate in laboratorio su differenti tipologie di sacchetti per la raccolta del rifiuto alimentare, in bioplastica e in carta, allo scopo di stimarne l’efficienza di degradazione nei digestori reali, individuando in tal modo l’opzione migliore per il trattamento anaerobico del rifiuto alimentare.

In Italia, per la raccolta del rifiuto alimentare, è ampiamente diffuso l’utilizzo di sacchetti in bioplastica compostabili, definiti tali in accordo allo standard tecnico UNI EN 13432:2002. La legislazione italiana prevede che questi manufatti debbano essere accettati da tutti gli impianti di trattamento biologico, siano essi aerobici o anaerobici. Tuttavia, lo standard richiede la sola valutazione della degradabilità aerobica, mentre non è generalmente necessario testare il comportamento in condizioni anaerobiche. Pertanto, l’articolo valuta la degradazione anaerobica dei sacchetti compostabili in bioplastica, analizzando i risultati di prove batch di biometanazione (BMP – biochemical methane potential) in condizioni termofile effettuate su quattro tipologie di sacchetti in bioplastica e su un sacchetto in carta specificamente realizzato per la raccolta del rifiuto alimentare, utilizzato come termine di paragone. I risultati delle prove indicano una buona degradabilità (>71%) dei sacchetti in bioplastica. Tuttavia, essi sono caratterizzati da particolari cinetiche di degradazione, con un andamento a gradini o una prolungata fase di latenza iniziale, che ne limitano la conversione in metano nei digestori reali, caratterizzati da alimentazione continua. Al contrario, prospettive molto interessanti sono offerte dal sacchetto in carta, che mostra, in aggiunta a una buona degradabilità anaerobica (74%), una cinetica di degradazione molto rapida.

Potete trovare qui l’articolo completo.

Siamo molto soddisfatti di aver pubblicato i nostri lavori su questa rivista italiana basata su una valutazione critica peer review. Ingegneria dell’Ambiente si propone come strumento per raggiungere e dialogare con il mondo dei tecnici ambientali, dei liberi professionisti, dei funzionari della pubblica amministrazione, dei formatori e degli Enti di controllo.

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