Kenya, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Gabon e Polonia: LCA e water footprint

Gli oli lubrificanti usati sono rifiuti pericolosi che possono causare seri problemi all’ambiente e salute pubblica se non gestiti adeguatamente. I Paesi sottosviluppati sono i più vulnerabili alle conseguenze ambientali di gestione inefficiente di tali rifiuti persistenti. Un buon punto di partenza per comprendere i sistemi di gestione dell’olio usato in tali Paesi è attraverso le ONG umanitarie che operano là. In collaborazione con il comitato internazionale della croce rossa (CICR), questo caso di studio sulla gestione degli oli usati in Kenya, Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo è stato condotto per comprendere i potenziali impatti ambientali degli attuali sistemi di gestione degli oli usati nel contesto umanitario del CICR e per esplorare le possibili azioni per ridurre questi impatti. La valutazione viene effettuata con la metodologia Life Cycle Assessment (LCA) seguendo il metodo di valutazione dell’impatto ReCiPe 2016. Due modelli LCA sono stati costruiti. Il primo rappresenta il Sud Sudan e la RDC. Inizia con la fase di stoccaggio e movimentazione, seguita dal trasporto ai cantieri. Nei cantieri, l’olio usato è applicato su legname per prevenire gli attacchi di termiti. Il secondo modello rappresenta il Kenya. Inizia con le fasi di stoccaggio e movimentazione, quindi l’olio esausto viene trasportato in una raffineria a Nairobi per recuperare l’olio base. I principali impatti del primo modello erano associati alla fase di trattamento antitermite che aveva impatti diretti sulle categorie di impatto della tossicità. Il secondo modello ha mostrato una completa dominanza della raffineria in tutte le categorie di impatto. Il principale contributo all’impatto aggiunto della raffineria è la produzione di argilla sbiancante attivata, che viene utilizzata nella fase di finitura della ri-raffinazione dell’olio usato. Confrontando i due sistemi a livello midpoint, è stato riscontrato che il sistema del Sud Sudan e della RDC ha  prestazioni  migliori  in  11 categorie di impatto su 18. A livello endpoint, il Kenya ha mostrato prestazioni complessive migliori. Il limite principale di questo studio è la carenza di dati in alcuni punti, che ha implicato molte ipotesi e di conseguenza molte incertezze. Tuttavia, questo è prevedibile dato che si tratta del primo studio di questo tipo nel contesto dell’Africa orientale. Questa limitazione dovrebbe essere affrontata in un futuro lavoro acquisendo più dati  rappresentativi  del  sistema  per  migliorare  i  modelli  e  la  robustezza  dei  risultati,  in particolare negli hotspots ambientali rilevati in questo studio, come la raffineria e la produzione di argilla sbiancante attivata.
Hazem Eltohamy

The main objective of my study was to conduct a review of selected computational water footprint (WF) methods by indicating their strengths and drawbacks, to provide some recommendations for application-dependent use of methods in LCA-based WF studies.Adopting the inside-out perspective, a total of 15 pre-selected WF methods were reviewed under three main groups i.e., 9 water depletion methods, 3 future efforts methods and 3 thermodynamic accounting methods, based on the underlying impact mechanisms and the water use issues addressed. The reviewed WF methods were thereafter summarized in a tabular format by considering their fundamental elements. Following an explicitly stated criteria, five (5) midpoint methods that only assess the impact category of water scarcity, and that are already available to be used in LCA software (SimaPro) were selected for case study application. The beneficiation process of Manganese ores available in the ecoinvent module was selected as a case study to better understand the environmental impacts of water use. Due to the strong dependence of WF from water consumption patterns and climate at local level, the spatial resolution of the 5 midpoint WF methods was tested by assuming two different locations, one in Africa (Gabon) and one in Europe (Poland). Sensitivity analyses were performed using 3 different calculation set ups to evaluate the reliability of results. All the 5 WF impact assessment methods showed that WF was higher in Poland than Gabon, and both country-specific WF results were lower than the global reference set up. The results from the WF analysis of the case study were then used to make conclusions and recommendations for future developments and research.
Emmanuel Nyero


Ancora bioplastiche nella sessione di laurea di Aprile

A fronte del costante aumento della quantità di bioplastiche compostabili conferita con il rifiuto organico e della recente tendenza a preferire il trattamento anaerobico in luogo di quello aerobico, è di fondamentale importanza valutare la compatibilità delle bioplastiche con il trattamento di digestione anaerobica. Nel mio lavoro di tesi ho studiato la degradazione anaerobica in condizioni termofile di diversi sacchetti in bioplastica impiegati per la raccolta del rifiuto alimentare (sia shopper che dedicati), in comparazione con un sacchetto in carta alternativo. In particolare, la degradazione anaerobica dei sacchetti è stata studiata a mezzo di prove di biometanazione in batch (BMP – Biochemical Methane Potential) e prove di co-digestione con il rifiuto alimentare in condizioni di alimentazione semi-continua, per meglio simulare la gestione a scala reale. Inoltre, sono state eseguite prove di tipo fisico sui sacchetti in bioplastica analizzati nelle prove in semi-continuo, allo scopo di indagare il meccanismo degradativo delle bioplastiche, con particolare riguardo al contributo di fattori fisici. Nelle prove di BMP è stata osservata una buona degradabilità (>71%) dei sacchetti in bioplastica, mentre le prove in semi-continuo hanno mostrato una degradabilità molto ridotta (<27%), confermata dallo stato fisico dei pezzi di sacchetti non digeriti. Inoltre, è stato osservato un comportamento molto differente nelle prove in semi-continuo per diversi sacchetti in bioplastica, che è risultato almeno parzialmente attribuibile all’effetto di fattori fisici. Al contrario, prospettive molto interessanti sono offerte dal sacchetto in carta, la cui degradabilità anaerobica nelle prove in semi-continuo (82%) è risultata anche superiore a quella osservata nelle prove di BMP (74%).
Pertanto, il sacchetto in carta è più compatibile con il processo di digestione anaerobica rispetto ai sacchetti in bioplastica.
Valeria Venturelli

Il mio lavoro di tesi è nato dall’esigenza di definire e affrontare una tematica molto attuale come la diffusione delle bioplastiche sul mercato, proposte come alternativa più sostenibile alle plastiche fossili, sia come soluzione nella lotta contro il marine littering (Direttiva Single Use Plastic), sia nell’ambito dell’Economia Circolare. Ho quindi inizialmente analizzato le più importanti tipologie di bioplastiche, le biogeniche e biodegradabili, quelle fossili e biodegradabili e quelle biogeniche non biodegradabili, approfondendo di ciascuna vari aspetti, tra cui le caratteristiche del polimero, le tecniche di lavorazione, le applicazioni e le aziende produttrici. Ho presentato, in seguito, i risultati dell’analisi effettuata sul campo sulla presenza di prodotti in bioplastica in alcune delle più importanti catene della grande distribuzione organizzata in Italia. Si è potuto da lì notare che, nel settore del packaging, le bioplastiche sono ancora presenti in quantità esigue, sono poco distinguibili dalle rispettive controparti fossili e che alcune presentano dei limiti nelle condizioni di utilizzo. Successivamente, ho analizzato studi di letteratura riguardanti l’impatto delle bioplastiche negli impianti di riciclo della plastica e negli impianti di trattamento biologico. Inoltre, sono mostrati i risultati di studi effettuati sulla biodegradabilità delle bioplastiche compostabili in ambienti differenti: ambienti controllati aerobico e anaerobico, ambiente domestico e ambienti non controllati come acque dolci, mare e suolo. Da questi è emerso come le bioplastiche compostabili si degradino sufficientemente nei processi aerobici, ma che se trattate in condizioni anaerobiche o non controllate, mostrino serie difficoltà. La parte finale dell’elaborato è stata dedicata, invece, alla presentazione dei dati raccolti nei questionari che abbiamo sottoposto ad alcuni gestori degli impianti di trattamento rifiuti in Italia e dai quali sono state elaborate informazioni riguardo la quantità di bioplastica in ingresso ai rispettivi impianti e le azioni intraprese per la loro gestione. Con questo lavoro di tesi si è evidenziato come i processi biologici a cui vengono attualmente inviate le bioplastiche compostabili non siano adatti al loro trattamento perché non garantiscono alte temperature e tempi di residenza sufficientemente lunghi affinché questi biopolimeri compostabili riescano ad essere degradati correttamente. Così le bioplastiche da soluzione rischiano di diventare un problema, che deve esser opportunamente affrontato a livello di gestione complessiva.
Giulia Sora

Tra plastica e bioplastica: problemi e soluzioni

Nella sessione di Laurea Magistrale di Luglio 2020 sono stati discussi due lavori su temi di scottante attualità.

I quantitativi di frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) che vengono avviati annualmente al trattamento di digestione anaerobica sono in continuo aumento. Nasce dunque la necessità di indagare se sia possibile avviare al trattamento assieme alla FORSU anche i sacchetti in bioplastica utilizzati per la sua raccolta. Nel mio lavoro di tesi è stata indagata la degradabilità anaerobica di due principali tipologie di sacchetti in bioplastica (tipo Shopper e tipo Dedicato) attraverso prove di BMP in condizioni termofile. Lo studio ha evidenziato valori di degradabilità elevati e superiori al 75%, ma non analoghi tra sacchetti dello stesso tipo, con valori di degradabilità più bassi per sacchetti contenenti un laccio di chiusura più robusto; a ciò si aggiunge una diversa cinetica di produzione di metano tra i diversi sacchetti, che, nel caso specifico di un sacchetto di tipo shopper, ha mostrato una lag-phase iniziale del tutto incompatibile con i tempi di residenza idraulici degli impianti di digestione esistenti.
È necessario dunque produrre dei sacchetti che siano degradabili nelle effettive condizioni di impianto, e adattare gli impianti di digestione anaerobica di FORSU esistenti ai nuovi flussi contenenti quantitativi di bioplastiche, anche rigide, come piatti, posate e bicchieri, sempre maggiori.
Serena Pantano

Il mio elaborato è stato svolto in collaborazione con il Centro di Selezione Secondaria Corepla di Muggiano (MI), gestito da A2A Ambiente. I CSS Corepla si occupano della selezione del materiale plastico proveniente dalla raccolta differenziata degli imballaggi e restituiscono in uscita diverse tipologie di flussi di materia suddivisi per classi di polimero, forma e colore.
La concomitanza della redazione della tesi con il verificarsi dell’epidemia di Covid-19 di inizio 2020 ha permesso di valutare la risposta da parte della filiera del riciclo ad un evento critico ed inatteso: le operazioni di trattamento dei rifiuti sono ritenute servizi essenziali e per questo si è osservato un ridotto impatto sull’operatività dell’impianto.
È stata poi indagata la relazione fra portata oraria lavorata con l’occorrenza dei malfunzionamenti e con le prestazioni di selezione dell’impianto: ne è emerso che portate elevate determinano la tendenza dell’impianto a fornire prestazioni peggiori, in particolare per quanto riguarda le quote di contenitori per liquidi in PET. La definizione di un valore corretto di portata oraria sembra quindi essere fondamentale al fine di garantire l’ottimizzazione delle attività del CSS.
Analizzando la produzione dell’impianto più in generale sono emersi due elementi: da una parte si è osservata una quota di scarti di selezione molto elevata, quasi il 60% sul totale, dall’altra la difficoltà nel garantire una purezza adeguata del flusso di materiali filmosi.
Davide Savegnago

Gli impatti ambientali di una nuova bottiglia per acqua in materiale poliaccoppiato

Negli ultimi anni il packaging è diventato uno dei fattori chiave attraverso cui i produttori possono mostrare ai clienti un orientamento verso la sostenibilità e la protezione dell’ambiente. Proprio per questo è stata lanciata sul mercato una bottiglia di acqua in cartone asettico. Il mio lavoro di tesi si occupa di valutare gli impatti ambientali di quest’ultima nel Nord Italia per il settore Horeca, nello specifico analizza quella proposta da Acqua Smeraldina. I risultati ottenuti mostrano che le fasi più impattanti del sistema analizzato sono il ciclo di vita del contenitore in cartone asettico e la distribuzione dell’acqua dall’impianto di imbottigliamento al distributore locale. Analizzando nello specifico il ciclo di vita del contenitore in cartone asettico le fasi più impattanti sono la produzione e il trasporto della carta vergine e dell’alluminio primario. Viene poi valutato il migliore fine vita per il contenitore analizzando tre scenari:raccolta con i rifiuti residui e successivo incenerimento, raccolta con la carta e riciclo in cartiera convenzionale, raccolta con la carta e riciclo in cartiera specializzata. L’ultimo risulta il migliore, anche se la sua analisi è stata condotta considerando gli stessi consumi della cartiera convenzionale e modificando la distanza all’impianto di riciclo e la percentuale di carta recuperata.
In mancanza di dati primari relativi ai consumi di una cartiera specializzata, si è lavorato in termini di analisi di sensitività rispetto a delle ipotesi ragionevoli.

Secondo i risultati, per i consumi di acqua la cartiera specializzata è sempre il miglior scenario. Invece per i consumi di energia, la cartiera specializzata è il miglior scenario per consumi di energia fino a 4 volte quelli di una cartiera convenzionale. Da 5 volte in poi, la miglior soluzione è l’incenerimento.
Nella seconda parte della tesi, la bottiglia in cartone asettico è stata comparata con quella in PET, precedentemente analizzata in un’altra tesi dell’AWARE Group. Per il territorio italiano, la bottiglia in PET risulta la scelta migliore.

Lavinia Pia Persico

I nostri primi laureati Magistrali dell’era Covid

Il mio lavoro di tesi si inserisce nel progetto di cooperazione “Gestione Integrata delle Risorse Naturali nell’Unione delle Municipalità di Tiro” condotto dal gruppo di ricerca AWARE e ONG INTERSOS in collaborazione con la controparte istituzionale Unione delle Municipalità di Tiro. Il progetto prevede una serie di attività finalizzate a migliorare questa situazione, tra le quali quella relativa alla gestione dell’impianto di Trattamento Meccanico Biologico (TMB) di Ain Baal costituisce il cuore del lavoro di tesi.
Nella missione avvenuta tra luglio e settembre 2019, mi sono recato quasi quotidianamente all’impianto e ho potuto raccogliere dati e svolgere le analisi per descriverne il funzionamento e la gestione. Sono state avanzate proposte per alcuni miglioramenti: diminuzione degli impatti ambientali dovuti alla gestione dell’aria esausta e degli scarti prodotti (potenzialmente utilizzabili come Combustibile Solido Secondario), miglioramento della logistica e del processo di stabilizzazione biologica, affinché si possa beneficiare della raccolta differenziata implementata su alcune delle municipalità servite dall’impianto TMB e produrre un materiale biostabilizzato di buona qualità, potenzialmente utilizzabile come ammendante agricolo.
Andrea De Robertis

Il mio lavoro di tesi riguarda la quantificazione degli impatti ambientali associati alla distribuzione di acqua in bottiglie mono-uso in PET per il settore Horeca in Regione Lombardia. I risultati ottenuti mostrano che le fasi più impattanti del sistema analizzato sono il ciclo di vita della bottiglia e la distribuzione dell’acqua dall’impianto di imbottigliamento al distributore locale. Miglioramenti significativi del sistema possono essere ottenuti utilizzando granuli di PET riciclato (fino al 50% in peso) in fase di produzione dell’imballaggio, aggiornando la flotta di automezzi utilizzata per la distribuzione e riducendo le distanze di trasporto coinvolte.
Nella seconda parte dello studio il sistema di distribuzione con bottiglie in PET mono-uso è stato confrontato con la distribuzione dell’acqua attraverso contenitori in vuoto a rendere. I risultati ottenuti mostrano che il sistema a rendere può essere competitivo solo se implementato su un mercato locale (100-200 km). Inoltre, le bottiglie in vetro devono essere riutilizzate almeno 25 volte prima di essere smaltite.
Viviana Grisales

Il mio lavoro di tesi deriva dal progetto “FresMe” che lavora sulla produzione di metanolo da anidride carbonica. Questo progetto ha suscitato in me l’interesse nell’esplorare la produzione di metanolo da altre fonti rinnovabili. Nel mio caso, abbiamo scelto la biomassa. La quantità di biomassa utilizzata per generare elettricità oggi potrebbe essere disponibile in futuro a causa dello sviluppo di energia eolica e fotovoltaica. Sviluppando il metanolo come combustibile per i trasporti, le emissioni di carbonio nel settore dei trasporti potrebbero essere ridotte. L’obiettivo della mia tesi è di confrontare gli impatti economici e ambientali tra il mio modello (produzione di metanolo da biomassa con l’impiego di tecnologie di gassificazione) e la via di produzione commerciale (dal gas natural al metanolo). Un modello tecnico è costruito attraverso Aspen Plus. Con i risultati, in Excel viene applicato un metodo di discounted cash flow per calcolare il prezzo minimo di vendita del carburante e viene eseguita un’analisi di sensibilità per vedere in che modo i diversi parametri possano influenzare questo prezzo. La metodologia del Life Cycle Assessment (LCA) viene utilizzata per valutare gli impatti ambientali che iniziano dalla materia prima e terminano nel prodotto finale: il metanolo. Il risultato mostra che il mio modello ha un prezzo superiore del 14% rispetto al caso di riferimento negli euro 2018 e può ridurre notevolmente l’impatto del cambiamento climatico di oltre il 60%. Però, il metodo “biomassa da metanolo” ha un impatto molto più elevato (oltre l’80%) negli impatti sulla salute umana. Le prestazioni dell’impianto potrebbero essere migliorate studiando ulteriormente le alternative alla biomassa e le tecnologie di rimozione dei gas acidi. Tuttavia, è un momento molto impegnativo per il 2020 in quanto il prezzo del metanolo è sceso del 30% rispetto al prezzo del 2018. Ulteriori incentivi ambientali sono altamente raccomandati per sviluppare la tecnologia (Il metanolo da biomassa) e ridurre i costi.
Rujing Chen

Il mio lavoro di tesi è valutare l’impatto dell’esaurimento delle risorse associato alla gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) non pericolosi applicando diversi modelli di valutazione dell’impatto del ciclo di vita (LCIA). A tal fine, sono stati analizzati diversi modelli di caratterizzazione correlati alla categoria di impatto dell’esaurimento delle risorse, con i loro percorsi di impatto, indicatori, fattori di caratterizzazione (CF), vie di calcolo e unità di misura dei CF. Tutti i modelli sono stati applicati per valutare 3 diversi scenari: gestione attuale, scenario best-case, scenario tutto in discarica. Nella parte conclusiva, i minerali critici e i minerali altamente efficaci per ogni scenario sono espressi con i dati. Pertanto, questa tesi può essere considerata come un primo passo per identificare i modelli più corretti per valutare l’impatto esaurimento delle risorse della gestione dei rifiuti C&D. È stata un’esperienza entusiasmante, che mi è stata sviluppata e ha contribuito in modo soddisfacente alla mia carriera. Ho unito la mia esperienza e conoscenza ad una laurea specialistica in Ingegneria ambientale per la sostenibilità.
Gözde Kaya Avşar

La mia tesi nasce con lo scopo di portare alla luce un problema ancora poco conosciuto che riguarda la gestione dei rifiuti di lana di roccia tramite la descrizione di questo materiale e un’analisi qualitativa e quantitativa dei flussi di rifiuti.
La lana di roccia è un isolante termo-acustico introdotto solo di recente e le cui caratteristiche lo rendono idoneo a soddisfare le più recenti imposizioni normative in termini di isolamento termico, isolamento acustico e protezione dal fuoco.
Dai risultati ottenuti si evince come nei prossimi decenni ci sarà un incremento importante nella produzione di rifiuti di lana di roccia. Nel contesto Europeo, per esempio, nell’orizzonte temporale considerato che va dal 2033 al 2050 vi sarà un incremento del 19% nella produzione totale di rifiuti di lana di roccia, con un incremento medio annuo dell’1,1%. Gli attuali sistemi di gestione, che prevedono il riutilizzo come materie prime, la bricchettatura e la produzione di CSS-combustibile, potrebbero non essere sufficienti a sostenere questo incremento. Sono state analizzate, inoltre, una serie di nuove tecnologie in fase di sviluppo che hanno come obiettivo di implementare gli attuali sistemi di gestione ma che presentano delle limitazioni. Queste nuove tecnologie, infatti, sono state sviluppate per essere applicate ai soli rifiuti privi di contaminazione con la conseguente esclusione di alcuni importanti flussi come quello dei rifiuti provenienti dalle attività di demolizione e ristrutturazione che sono spesso contaminati da altri materiali come intonaci, laterizi e sistemi di fissaggio.
In termini di crescita dei rifiuti, una soluzione per limitare il problema potrebbe essere quella di migliorare l’efficienza degli impianti produttivi (da cui deriva uno dei principali flussi di rifiuti) allo scopo di ridurre la produzione di scarti. Inoltre, prediligendo sempre di più un tipo di demolizione selettiva sarebbe possibile creare dei flussi di rifiuti puri che sarebbero più facilmente gestibili sia con le soluzioni attualmente esistenti, ma anche con quelle in fase di sviluppo.
Piera Policaro

Selezione dei rifiuti da imballaggio in plastica e riflessi sulla raccolta: indicazioni e proposte dallo studio di un impianto innovativo

Il mio lavoro di tesi nasce da una collaborazione con STADLER Italia e A2A  Ambiente e si è focalizzato sullo studio dell’impianto innovativo di Muggiano (MI) che opera la selezione della plastica da raccolta differenziata. Durante il periodo di avviamento sono state valutate le prestazioni in termini di purezza dei materiali ed efficienze di recupero, il bilancio di massa, la caratterizzazione di tutti i flussi uscenti e l’analisi delle criticità. I risultati delle analisi effettuate sono stati inoltre confrontati con quelli ottenuti dalle prove effettuate nel centro gemello di Cavaglià (BI), analizzato in una tesi precedente, in modo tale da individuare eventuali analogie e differenze sull’operatività dei due impianti in due contesti differenti del territorio italiano. Sulla base di queste premesse sono emersi principalmente due spunti di approfondimento. La problematica più critica riscontrata riguarda la ridotta percentuale del rifiuto trattato che può effettivamente essere riciclato. Appare sempre più evidente, perciò, la necessità di introdurre innovazioni sulla produzione degli imballaggi in plastica, che li possano rendere più facilmente riciclabili. L’altro risultato importante delle analisi riguarda lo scarto qualitativo che si verifica tra il materiale proveniente da una raccolta differenziata di tipo monomateriale e da una di tipo multimateriale che contempla, oltre alla plastica, anche i metalli. L’indicazione che emerge da questo studio è rivolta alle amministrazioni comunali e ai cittadini e consiste nel sensibilizzare maggiormente sulle dinamiche di recupero e riciclo degli imballaggi in plastica e sulla differenza che intercorre tra le diverse tipologie di raccolta differenziata.

Filippo Brivio

La crisi della gestione dei rifiuti in plastica: cause e possibili soluzioni

Il mio lavoro di tesi inizia ad agosto 2018, attraverso una collaborazione col team di STADLER Italia finalizzata allo svolgimento di prove sperimentali sul nuovo impianto di selezione della plastica di A2A a Cavaglià (BI). Per tutto il mese sono state condotte prove per testare l’efficienza dell’impianto e per individuarne le criticità. Al termine di questo periodo, a ritroso, ho ricercato le cause della difficoltà a gestire alcuni flussi di plastica. Tra i risultati più rilevanti è emerso come il divieto di importazioni di rifiuti in Cina, il cosiddetto China’s Ban, abbia sovraccaricato la filiera di gestione mettendo a nudo alcune problematiche riguardanti la sostenibilità del riciclo dei rifiuti in plastica. Inoltre, l’evoluzione dei consumi di imballaggi con il conseguente aumento di quelli non riciclabili e dei biopolimeri ha contribuito ad aggravare queste problematiche. Abbiamo a disposizione molti interventi e poco tempo per risolvere questa crisi; è possibile agire sul mercato della plastica riciclata o riprogettare l’imballaggio nel suo complesso, ma qualsiasi soluzione necessita di una stretta collaborazione tra gli attori in gioco.

Michele Paglia

Demolizione selettiva o tradizionale?

Il mio lavoro di tesi è da intendersi come parte di un progetto commissionato da Regione Lombardia al gruppo di ricerca AWARE.  Lo studio indaga i potenziali impatti ambientali legati alla fase di fine vita degli edifici, concentrandosi su come l’uso di diverse tecniche di demolizione può influenzare le prestazioni del sistema in analisi. La metodologia del Life Cycle Assessment (LCA) viene utilizzata per analizzare e confrontare diversi scenari: per un edificio residenziale, lo scenario di demolizione selettiva viene confrontato con quello di demolizione tradizionale, utilizzando i dati primari sito-specifici forniti dalle aziende di demolizione. L’obiettivo principale è quello di indagare se e come gli impatti associati ad una demolizione selettiva siano compensati dai benefici derivanti dal recupero, dal riutilizzo e dal riciclo dei rifiuti, che questa demolizione ci si aspetta massimizzare. Dai risultati è emerso come tecniche di demolizione selettiva debbano essere incoraggiate ma, soprattutto, migliorate: migliori prestazioni del sistema sono garantite infatti solo dalla massimizzazione del riutilizzo/riciclo dei rifiuti separati in cantiere e, dove non possibile, dal recupero di energia.

Michela Ruggeri

Migliorare la gestione del rifiuto residuo in Puglia

Il mio lavoro di tesi, svolto all’interno del LEAP di Piacenza, è consistito in uno studio della gestione e del trattamento del rifiuto urbano residuo nella Regione Puglia, seguito dalla formulazione di una proposta migliorativa. Per prima cosa si sono definiti i bilanci di massa degli anni 2016 e 2017, caratterizzando ciascun flusso in entrata ed uscita da ogni impianto della filiera, così da evidenziare la principali criticità del sistema. Ne è seguita un’analisi critica del nuovo Piano Regionale e la formulazione del nostro scenario, per cui sono state definite le tecnologie di trattamento ed i loro relativi flussi di materia. La validità della nostra proposta è stata verificata anche con un’analisi ambientale semplificata, che ha permesso di confrontare le emissioni di CO2 equivalente, NOx e particolato attualmente generate dalla filiera di trattamento con quelle previste nello scenario migliorativo, cosa che ha evidenziato un miglioramento per tutti gli impatti.

Andrea Airoldi

Sacchetti di carta per la raccolta dell’umido e biometano: quali relazioni?

Nella sessione di Lauree Magistrali di Luglio 2018 si è parlato di digestione anaerobica e di sacchetti di carta. Complimenti a Francesco e Alberto!

“Il mio lavoro di tesi ha riguardato il confronto tra sacchetti per la raccolta del rifiuto organico in carta riciclata e quelli in bioplastica. L’obiettivo è stato quello di valutarne le differenze in fase di raccolta domestica e in fase di digestione anaerobica, per farlo abbiamo diviso il lavoro in due parti: le prove di evapotraspirazione domestiche e i test BMP nel laboratorio della “Fabbrica della bioenergia” nel polo di Cremona del Polimi.
Dalle prove domestiche in cui abbiamo testato sacchetti differenti in parallelo per tutta la stagione invernale e primaverile è risultato che la carta permette delle perdite di massa più alte della bioplastica grazie ad un’evapotraspirazione maggiore.
I test BMP hanno invece mostrato che dalla carta è possibile produrre quasi quattro volte il metano prodotto dalla degradazione della bioplastica; la degradazione della carta è inoltre più veloce e il materiale al termine delle prove è risultato chiaramente più disgregato.
I sacchetti in carta per la raccolta dell’umido possono quindi portare vari miglioramenti sia economici che impiantistici nella filiera del recupero del materiale organico”
Francesco Poma

Il mio lavoro di tesi si è configurato come uno studio di fattibilità di un impianto integrato anaerobico-aerobico finalizzato alla produzione di biometano, che utilizza come matrice in ingresso la FORSU. Lo studio, comprensivo di inquadramento normativo e programmatico di riferimento, di una parte tecnica di dimensionamento e di una analisi economica, ha dimostrato come la realizzazione di questa tipologia di impianti sia al momento particolarmente incentivata dalla recente approvazione del Decreto 2 marzo 2018, in tema di biometano. In aggiunta si è incluso nello studio un’ulteriore analisi volta a valutare i vantaggi per l’impianto di trattamento derivante dal conferimento del rifiuto all’interno di sacchetti in carta al posto degli usuali sacchetti in bioplastica. I risultati, sebbene basati su dati sperimentali preliminari, hanno mostrato importanti vantaggi sia dal punto di vista dei costi che della gestione del rifiuto organico.
Alberto Fanchini